“Iddu” l’ultimo padrino, una commedia nera per riflettere sull’Italia

Matteo Messina Denaro, che del film è il cuore e il tessuto connettivo, non viene mai chiamato Matteo Messina Denaro. Un po’ perché sarebbe superfluo, un po’ perché la cronaca si ferma sempre dove comincia la verosimiglianza. Matteo. Matteo e basta. Oppure “Iddu”, con la “i” rispettosamente maiuscola nell’intenzione e nell’intonazione di chi pronuncia le quattro lettere. Quattro lettere che mettono paura, quattro lettere scelte, non a caso, per marchiare la notevolissima opera terza di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza: una commedia nera e straniante, una crime story grottesca e allegorica, una trasfigurazione lucida e amara delle cicatrici e delle ferite che raccontano la biografia del nostro paese.

Siamo all’alba del 2000. E siamo in Sicilia. Da un lato c’è lui, “Iddu”, l’ultimo padrino: più che un super latitante, un autentico fantasma. Un’ombra legata al mondo soltanto attraverso la produzione di pizzini, attraverso l’enigmatico angelo custode Lucia e attraverso il fitto carteggio con un vecchio amico di famiglia. Dall’altro lato, appunto, c’è Catello Palumbo, compagno di carteggio e discutibile figura paterna, ex preside, ex sindaco, ex galeotto. Un uomo d’onore. Anzi: un uomo di disonore, secondo l’ottica mafiosa, visto che decide di tradire Matteo e di fiancheggiare i servizi segreti per divincolarsi dai debiti e dalla meritatissima morte sociale. Cosa potrebbe andare storto? Quante vite ha un’ipotetica preda e quante ne ha un maldestro cacciatore?

Dosando perfettamente i toni e i ritmi del realismo magico, arte complessa in cui Grassadonia e Piazza hanno già dimostrato di saper brillare, “Iddu” ci ricorda l’immane statura di Elio Germano (Matteo) e di Toni Servillo (Catello) ma ci ricorda pure che il cinema d’autore italiano, quando funziona così, è un cinema bellissimo.

Iddu, regia di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, con Elio Germano, Toni Servillo, Daniela Marra, Barbora Bobulova (Italia, 2024)