Il Nobel per la Letteratura (a sorpresa) alla sudcoreana Han Kang: i suoi libri e l’amore per il greco (video)
La Sud Corea conquista il suo primo Premio Nobel per la Letteratura con Han Kang: 53 anni, 18esima donna insignita del prestigioso alloro dell’Accademia Reale Svedese nella storia ultrasecolare del riconoscimento. Kang ha strappato il titolo di prima sudcoreana battendo un connazionale ben più longevo e dalla lunga fama internazionale, da quasi un ventennio candidato al Nobel: il poeta, scrittore, saggista, autore teatrale e pittore Ko Un, 91 anni. Gli accademici di Svezia hanno motivato il premio “per la sua intensa prosa poetica che affronta i traumi storici ed espone la fragilità della vita umana”. I rumors non sono s confermati: si puntava su donna extraeuropea, ma Han Kang non era la favorita.
Nobel per la Letteratura: chi è Han Kang
Nata a Gwangju il 27 novembre 1970, figlia dello scrittore Han Seungwon, ha vinto il Yi Sang Literary Award come il padre. In Italia i suoi romanzi sono pubblicati da Adelphi. Tra i suoi libri “La vegetariana”, vincitore del Man International Booker Prize nel 2016; “Atti umani” (2017), “Convalescenza” (2019) e “L’ora di greco” (2023). Tra gli altri riconoscimenti ricevuti, spicca il Premio Malaparte che è stato consegnato a Kang il 1° ottobre 2017 a Capri: lì aveva presentato “Atti umani”, allora in uscita in traduzione italiana, con la giuria presieduta da Raffaele La Capria. Ispirato a un episodio di rivolta urbana realmente avvenuto nella Corea del Sud nel maggio 1980, “Atti umani” è un lungo dialogo tra i vivi e i morti su una carneficina mai veramente narrata in Occidente.
La scrittrice sudcoreana è salita alla ribalta mondiale nel 2016 quando, contro ogni pronostico, vinse il Man Booker International Prize: prestigioso premio riservato ai romanzi pubblicati in lingua inglese. Battè in finale “La storia della bambina perduta” di Elena Ferrante e “La stranezza che ho nella testa” del premio Nobel turco Orhan Pamuk. “La vegetariana” racconta la storia di una donna che, a causa della sua scelta alimentare, si imbatte in conseguenze disastrose. Dopo gli studi all’Università Yonsei di Seul in letteratura coreana, Han Kang esordì con una raccolta poetica nel 1993, “Winter in Seoul” (1993). L’anno successivo uscìil suo primo romanzo, “Red Anchor”, al quale ne seguiranno altri sei. Dal 2013 insegna scrittura creativa al Seoul Institute of the Arts. Han Kang si è trasferita con la famiglia a Seul, dove vive tuttora, all’età di 9 anni: pochi mesi prima del massacro dl maggio del 1980, da lei poi narrato in “Atti umani”.
“L’ora di greco”
L’empatia fisica di Han Kang per le storie di vita estrema è rafforzata dal suo stile metaforico sempre più carico. “L’ora di greco” (2011) è un bel libro: un ritratto accattivante di una relazione straordinaria tra due individui vulnerabili. Una giovane donna che, in seguito a una serie di esperienze traumatiche, ha perso il potere della parola si mette in contatto con il suo insegnante di greco antico. Che a sua volta sta perdendo la vista. Dai rispettivi difetti si sviluppa una fragile storia d’amore. Il libro è una bellissima meditazione sulla perdita, sull’intimità e sulle condizioni ultime del linguaggio.
Chi legge deve farsi strada attraverso un testo a tratti poetico, scrisse la critica letteraria, silvia annavini, sul sito La Balena bianca. Le lingue antiche come strumento di conoscenza valido per sempre. “Soprattutto se si tratta di una di quelle lingue che, a torto o ragione, definiamo “morte”, come il greco. L’ostinazione dell’uomo a voler insegnare il greco in Corea del Sud; e l’abnegazione della donna a volerlo apprendere nonostante la propria afasia, esprime il significato della ricerca personale dei due personaggi”. “Le lingue antiche configurandosi come impalcature meno ordinate e rigide: sembrano prestarsi alla necessità di una semplificazione: a quella funzione quasi infantile del linguaggio inteso come autoregolazione emotiva. Una prova narrativa molto profonda: con L’ora di greco l’autrice premio Nobel cercava di stabilire un dialogo tra Oriente e Occidente: il greco come culla della cultura occidentale e, contemporaneamente, sponda verso un oriente che tenta di apparire sempre meno lontano.
Han Kang ha vinto il Premio #Nobel per la #Letteratura 2024, “per la sua prosa intensamente poetica che si confronta con i traumi storici e rivela la fragilità della vita umana”. Per approfondire: Andrea Bajani a colloquio con la scrittrice sudcoreana https://t.co/CzGF3Ss7LU
— raicultura (@RaiCultura) October 10, 2024
Gli eterni sconfitti del Nobel, dalla Maraini alla Tamaro
In cima alla lista delle scommesse si puntava sulla cinese Can Xue, seguita dall’australiano Gerald Murnane e dal suo connazionale Alexis Wright (l’Australia non riceve il Nobel dal 1973, quando l’ottenne Patrick White). E ancora una volta si corrobora l’elenco degli eterni candidati al Nobel che sembrano sempre sul punto di vincerlo: a partire dal giapponese Hruki Murakami, il cui nome circola dal 2014; e poi dall’americano-antiguana Jamaica Kincaid, dal rumeno Mircea Cartarescu; dalla dissidente russa Lyudmila Ulitskaya, dalle canadesi Anne Carson e Margaret Atwood; dalla statunitense Joyce Carol Oates, dall’argentino César Aira; dalll’ungherese Laszlo Krasznahorkai; fino ai francesi Michel Houllebecq e Pierre Michon, all’angloindiano Salman Rushdie (candidato da 1989); e allo statunitense Thomas Pynchon. L’Italia, che ha vinto l’ultima volta a sorpresa nel 1997 con “il giullare” di “Mistero buffo” Dario Fo, sembra in corsa da tempo con Dacia Maraini, Claudio Magris e Susanna Tamaro.
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