Bunker e caserme dismesse in Fvg: un museo all’aria aperta da valorizzare per il turismo
Caserme dismesse, bunker e postazioni militari. Un patrimonio di oltre mille strutture difensive risalenti al periodo della Guerra fredda in Friuli Venezia Giulia. La storia e le sue cicatrice nel Nord Est: una testimonianza unica del Novevento, una sorta di museo all’aria aperta da recuperare (mettendo in rete le strutture) e da valorizzare, anche ai fini turistici. Se ne parlerà venerdì 11 ottobre in una giornata di studio alla Fondazione Friuli, dedicata agli Stati generali del turismo storico della Guerra fredda in Fvg.
Un evento organizzato dall’Università di Udine e da Friuli Storia, con la direzione scientifica di Tommaso Piffer, docente di storia contemporanea all’ateneo di Udine, al quale abbiamo chiesto a che punto sono i progetti per creare un network che possa mettere per la prima volta in rete tutte queste risorse.
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In cosa consiste il patrimonio che il Friuli Venezia Giulia, per la sua particolare collocazione geografica, ha ereditato dalla Guerra fredda? Un "lascito" con pochi precedenti in Europa...
«Si tratta di un patrimonio di oltre mille strutture difensive a scopo difensivo, con una enorme potenzialità di valorizzazione turistica e culturale. Innanzitutto, perché, unico in Europa, può essere inserito all’interno di percorsi collegati a tutti e tre i grandi conflitti del Novecento: la Prima guerra mondiale, la Seconda e la Guerra fredda. E in secondo luogo perché può essere collegato con musei e strutture in Austria e Slovenia, permettendo quindi di scoprire la stessa storia arricchendosi di due prospettive diverse. È un’enorme finestra su tutto il secolo scorso che deve solo essere aperta».
Quali sono i progetti di ricerca dell'Università di Udine attualmente in corso e come si collegano con quelli di valorizzazione turistica?
«Il gruppo di ricerca sulla Guerra fredda dall’Università di Udine è composto da sette giovani ricercatori. Ci occupiamo di militarizzazione della regione, di storia e riuso delle strutture militari, di Gorizia e dell’impatto economiche della guerra fredda. La ricerca permette di capire gli snodi storici che stanno dietro questo patrimonio perché per guardare in modo sano al passato, anche in prospettiva turistica, bisogna innanzitutto conoscerlo. E poi ci sono i progetti di valorizzazione vera e propria, realizzati in collaborazione con Friuli Storia, come “Viaggiatori nel tempo”, che abbiamo dedicato ai luoghi del ‘900, e “Frontiera Est”, proprio sul tema dei bunker».
Veniamo proprio a Frontiera Est, che è nato per la valorizzazione di ex strutture difensive del vallo Alpino del Littorio e della Nato (Villa, Malborghetto Valbruna, Paluzza, Monte Croce Carnico e Savogna d'Isonzo). A che punto è questa iniziativa?
«Il portale si è arricchito l’anno scorso con una struttura in Veneto, il bunker di San Michele al Tagliamento. Entro la fine dell’anno inseriremo altre 4 strutture in Friuli Venezia Giulia e una in Alto Adige. Nel 2025 contiamo di inserire anche alcune strutture all’estero».
Tra i progetti di valorizzazione di cui si parlerà agli Stati generali c'è anche quello sulla Soglia di Gorizia, un passaggio chiave ai tempi della Guerra fredda. In cosa consiste?
«Si tratta di un bel progetto dell’Università di Trieste per la creazione di percorsi escursionistici tra le strutture nel goriziano. Il patrimonio della guerra fredda è un patrimonio regionale, le due università su questo devono lavorare in piena collaborazione e già lo stanno facendo all’interno di Frontiera Est e di un progetto Pnrr».
Non solo ex caserme e bunker, ma anche musei per raccontare la storia del passato. Tra queste c'è anche il museo Lasciapassare/Prepustnica al valico del Rafut, a Gorizia...
«Quello è un ottimo esempio delle potenzialità che offre il confine. Il museo del Lasciapassare si trova sul lato italiano. Sul lato sloveno c’è un museo “gemello”, quello del contrabbando. Un confine, due popoli e due storie, da scoprire spostandosi poche centinaia di metri».
Nel corso del convegno, saranno anche illustrati esempi di esperienze realizzate e all'estero. Quali?
«L’Europa fornisce esempi straordinari di come trasformare l’eredità della guerra fredda in una opportunità di sviluppo economico per comunità locali che in passato sono state fortemente penalizzate dalla presenza delle strutture militari. Nel convegno spazieremo dal Museo del confine di Nova Gorica al bunker antiatomico della famiglia reale danese, dall’esposizione temporanea “Cold War Scotland” del National Museum of Scotland di Edimburgo alle numerose iniziative storico-ambientali della European Green Belt, passando per uno dei musei chiave della militarizzazione del confine tra Germania Ovest e Germania Est, il Point Alpha Memorial».