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Emergenza sicurezza a Mestre, il questore: «Rapine opera dei cani sciolti della droga»

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«I reati sono tutti in calo, con la sola eccezione di quelli legati alla droga. Che non sono solo lo spaccio ma anche lo scippo, l’aggressione in strada, la rapina nel negozio – che non è certo l’assalto a mano armata, piuttosto lo spintone per scappare dopo aver preso qualcosa da uno scaffale. Sono tutti commessi da sbandati che consumano e che vendono quel poco che basta per comprarne ancora

. Non fanno capo a nessuno e non rispondono a nessuno, ma si possono identificare in strada, monitorare e, quando arriva il momento, espellere».

Mentre in città infuria il dibattito sulla sicurezza, il questore di Venezia Gaetano Bonaccorso spiega nel dettaglio come le forze dell’ordine stiano aggredendo il problema, sempre adeguandosi allo scenario in cui operano perché «i criminali si adattano, e la polizia si adatta a loro».

In questi giorni vediamo più Volanti, più Gazzelle dei carabinieri, più auto della Locale. Avete disposto dei servizi aggiuntivi di controllo?

«Giovedì, venerdì e sabato erano in strada oltre 40 uomini. Ma sarebbe un errore credere che sia così solo di recente: dall’inizio di settembre non c’è stata una sola giornata che non abbia visto un servizio straordinario, in totale abbiamo impiegato quasi 500 operatori. E questo in aggiunta a tutto il lavoro ordinario. Certo vedere le auto con i lampeggianti è importante, contribuisce a creare sicurezza e, soprattutto, a comunicare come il territorio sia ostile ai criminali. Che ci siano situazioni critiche, a Mestre, nessuno lo nega, ma noi siamo da sempre impegnati per contrastarle: i numeri servono a questo, a fotografare il territorio e a modulare di conseguenza la nostra risposta».

Alla base di tanti problemi sembra esserci sempre lo spaccio di droga.

«La droga qui purtroppo trova una forte domanda, le pattuglie in strada servono anche a diminuirla. Ma poi il lavoro deve muoversi in diverse direzioni: sei anni fa c’è stata l’operazione San Michele, che rispondeva al fenomeno dell’eroina gialla diffusa dalla criminalità nigeriana, alla quindicina di overdosi fatali in un arco di pochi mesi. Oggi operazioni simili si fanno ancora: solo poche settimane fa la Mobile ha portato a termine un’indagine che ha visto la chiusura di un bar – sempre nei dintorni di via Piave – l’arresto di 14 persone e il sequestro di chili di stupefacente. Questo è quello che facciamo per tagliare le fonti di approvvigionamento, per smantellare le organizzazioni, ma non basta».

Cosa intende?

«Registriamo anche la presenza di individui che sono consumatori di stupefacenti e anche spacciatori, ma per uso proprio: sono “battitori liberi”, hanno un profilo criminale perché per potersi rifornire commettono ogni genere di reato, e infatti sono quelli con cui si scontrano i cittadini, possono essere aggressivi perché spesso alterati, non fanno parte di una rete di spaccio, spesso vengono da altri territori attirati da quello che è un grande punto di scambio e poi si mantengono molto mobili. Noi li teniamo monitorati, da sempre».

Quanti sono, in questo momento, a Mestre?

«Ne contiamo circa una cinquantina, si tratta di profili liquidi: di giorno in giorno si spostano in tutto il territorio, in centro storico, nelle periferie. Ecco perché, abbiamo moltiplicato le identificazioni a piedi, a scapito delle verifiche sui veicoli: questi non sono criminali che si muovono in auto».

Come si può intervenire?

«In questo momento ad esempio sfruttiamo molto lo strumento dei fogli di via, anche andando a indicare tra le motivazioni il territorio difficile: se il reato è commesso in un’area problematica, la misura serve a bonificarla, a renderla inospitale per i criminali. E poi gli accompagnamenti ai centri per il rimpatrio e alla frontiera: rispetto allo scorso anno, da gennaio a settembre, i primi sono aumentati del 19%, i secondi addirittura dell’87%».

Resta il problema del presidio del territorio, però.

«Su quel fronte stiamo cercando di fare molto attraverso l’applicazione dell’articolo 100 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, le chiusure temporanee dei locali. È un intervento che colpisce il pubblico esercizio, vuole convincere i titolari a essere i primi a chiamarci, a tutelare la propria clientela. Poi però ci sarebbe da fare una riflessione più complessa: a Mestre ci sono strade in cui, a certe ore, si può camminare anche per cinque minuti senza incontrare un altro essere umano. Il primo presidio sono le persone, dove non c’è nessuno è più facile che un criminale si senta libero di fare ciò che vuole».

In questi giorni stiamo elogiando il coraggio di chi non si volta dall’altra parte, ma quali sono le procedure sicure per essere d’aiuto?

«L’aiuto dei cittadini è fondamentale, gli esempi positivi ci parlano di una comunità che non si rassegna alla criminalità. A rischiare la vita, però, dobbiamo essere noi: è importante chiamarci, subito, non dopo aver passato cinque minuti a filmare quello che sta succedendo. In linea con la centrale si possono fornire la descrizione del malvivente, la direzione che ha preso, ad esempio. Ancora più efficace è l’uso della nostra app YouPol: consente di chiamare, di inviare foto, è anche geolocalizzata, quindi garantisce una comunicazione precisa e immediata».

C’è chi però si lamenta di non ricevere risposta.

«Su questo punto è importante fare chiarezza: la centrale operativa, i numeri di emergenza 112 e 113, non sono dei banali centralini, le chiamate “senza risposta” non restano lettera morta: ogni telefonata in sospeso è una luce rossa sul quadro, e ogni operatore ha il preciso compito di pulire il quadro, ne risponde al dirigente, che ne risponde a me, che rispondo a chi sta sopra di me. Se non lo facessimo perderemmo le nostre certificazioni».

Come funziona nella vostra centrale?

«Per ogni turno ci sono sempre in servizio almeno tre operatori, ogni chiamata ha uno schema registrato e lo stesso vale per ogni intervento che segue. Può capitare, certo, che in momenti concitati tutti siano occupati, ma ogni segnalazione otterrà poi risposta il più velocemente possibile. Quando l’operatore riconosce che la segnalazione non ha motivo di essere si può decidere di non muovere gli agenti, ma tutto sarà verificato e ogni errore darà seguito ad azione disciplinare. Quando passiamo la chiamata a un altro corpo non è uno scaricabarile, non buttiamo giù il telefono, il nostro operatore resta in linea fino al collegamento con l’Arma e la ragione del passaggio è una sola: la città è divisa in zone di competenza così da essere tutti più tempestivi. Qui a Venezia, poi, la collaborazione è ad altissimi livelli: polizia locale, carabinieri, guardia di finanza, condividiamo tutto in ogni momento, con ottimi risultati».