Fatture false, frode al Fisco da due milioni: via ai sequestri
VIGEVANO. Sulle piattaforme di commercio on line le lavatrici o i computer erano venduti a prezzi molto bassi. Questo era possibile, secondo l’accusa, perché la società venditrice di prodotti elettronici e per la casa, con sede a Corsico, riusciva a risparmiare l’Iva attraverso una frode. Come? Con la complicità di una società “cartiera”, con sede a Vigevano ma non operativa. Una società su cui ricadeva il pagamento dell’Iva, che non veniva però versata al Fisco.
La Guardia di Finanza ha scoperto una frode fiscale da due milioni di euro nelle vendite on line, realizzata attraverso fatture false. Per la cifra contestata è stato eseguito un sequestro preventivo di beni, denaro e immobili, riconducibili alle due società.
I titolari delle due società, ora indagati con l’accusa di frode fiscale, avrebbero quindi stretto un patto illecito per risparmiare le imposte, attraverso l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. L’accusa sarà da provare in un processo ma intanto, nel corso delle perquisizioni a casa degli indagati, sono stati trovati oltre 100mila euro in contanti e diversi orologi Rolex, di valore ingente.
Il meccanismo
«Un articolato meccanismo di frode» ai danni dello Stato (meccanismo noto anche come frode “carosello”), secondo l’inchiesta coordinata dalla procura di Pavia, che avrebbe permesso di sottrarre all’erario imposte per oltre due milioni di euro, ma allo stesso tempo «di disporre di prodotti a prezzi altamente concorrenziali, rivenduti tramite note piattaforme di commercio elettronico», che non sono coinvolte nell’indagine.
Il risparmio dell’imposta, infatti, avrebbe consentito di sbaragliare la concorrenza vendendo prodotti a un prezzo più basso, perché alleggerito dal mancato versamento dell’Iva dovuta. Più precisamente, secondo l’accusa, la società di Vigevano sarebbe stata una mera “cartiera”, una società cioè esistente solo sulla carta e utilizzata per emettere fatture false alla società di Corsico, l’azienda operativa, e consentire a questa di evadere l’Iva. La società cartiera di Vigevano, secondo l’accusa, si interponeva tra i fornitori reali dei prodotti e la società di Corsico, che poi rivendeva i prodotti.
L’autoriciclaggio
L’inchiesta ha anche fatto emergere che le somme sottratte al fisco sarebbero state in parte utilizzate per l’acquisto di 18 immobili nelle province di Pavia e Milano, intestate ad un’altra società creata «ad hoc» e riconducibile, secondo l’accusa, ai responsabili delle due società.
C’è, per questo, anche l’ipotesi di reato di autoriciclaggio, che si concretizza quando denaro proveniente da un illecito viene reimpiegato per attività economiche, finanziarie o speculative. Anche gli immobili sono stati sequestrati, su provvedimento del giudice per le indagini preliminari, insieme ai conti correnti bancari, agli orologi di pregio e al denaro contante trovati nel corso delle perquisizioni domiciliari da parte dei finanzieri.