«L’eredità di Rognoni nel contrasto alle mafie»
PAVIA. Raccogliere l’eredità di Virginio Rognoni per sviluppare le strategie future nella lotta alle mafie. È l’ambizione contenuta nella scelta di fondare, nel nome del docente ed ex ministro degli Interni, un Centro studi di legislazione antimafia nei locali del collegio Santa Caterina. Un Centro studi che nasce quindi a Pavia, ma che «vuole uscire dai confini cittadini, per diventare un riferimento nazionale e internazionale», come ha spiegato, in apertura della giornata di inaugurazione, la presidente del collegio Enrica Chiappero. Il centro sarà un luogo di ricerca, ma il suo obiettivo «è fare da ponte tra il mondo accademico e quello operativo di contrasto alle mafie», ha illustrato Enzo Ciconte, docente e saggista, che ha aperto il giro degli interventi dopo i saluti di Mario Cera, presidente della Fondazione Banca del Monte, Michele Lissia, sindaco di Pavia, Mariastella Rognoni, figlia dell’ex ministro degli Interni, la prefetta Francesca De Carlini, Cristina Campiglio per l’Università, il vescovo Corrado Sanguineti.
«Figura da studiare»
Ciconte ha spiegato il senso della scelta del Centro studi, partendo dal ricordo di Rognoni, figura simbolo della lotta alla criminalità organizzata, essendo promotore, tra le altre cose, insieme a Pio La Torre, della legge che ha introdotto il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso. A Pavia Rognoni ha ricoperto incarichi istituzionali e accademici, fino a diventare Ministero dell’interno durante gli anni di piombo e poi Ministro di Grazia e giustizia. «Ma il suo impegno politico e civile va oltre – ha ricordato Ciconte –. Il Centro vuole far sì che la figura di Rognoni sia studiata più di quanto sia accaduto quando era in vita. Non vogliamo imbalsamarlo, ma partire dalle sue idee per capire quanto si è fatto e cosa ancora c’è da fare».
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Gli anni del terrorismo
Una proposta, quindi, «lontana dalla retorica, per comprendere le dinamiche concrete delle mafie», secondo l’ex magistrato Armando Spataro, che ha ricordato i momenti in cui ha incrociato la strada di Rognoni: «Ci siamo conosciuti negli anni di piombo, ero un giovane magistrato e il terrorismo imperversava. Rognoni come ministro dell’Interno creò subito un rapporto costante con chi operava sul campo, convocava riunioni per sentire il nostro parere. Fu lui a dare vita alle leggi che portarono alla sconfitta del terrorismo». Spataro ha ricordato l’arresto di Mario Moretti («Mi chiamò e mi disse che era importante dare la notizia al Paese, ma prima venivano le esigenze di giustizia, quindi mi chiese di interrogarlo e di chiamarlo quando avessi terminato») e l’omicidio di Walter Tobagi. «Con Rognoni – secondo Spataro – nacque un’idea di antimafia civile». Ma per Nando Dalla Chiesa, sociologo, la sua «antimafia era a tutto campo, si prese la responsabilità di far approvare la legge dopo la morte di La Torre».
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Dalla Chiesa ha ricordato anche «il rapporto speciale che ha legato la sua vita a quella di mio padre. Dopo l’assassinio chiamai in causa uomini del suo partito, mi chiesero perché non me la prendessi con Rognoni. Risposi che lui aveva fatto il possibile per evitare quello che poi è accaduto. Negli anni successivi all’assassinio è sempre stato accanto a me e alla mia famiglia». Rosy Bindi, ex ministra e presidente onoraria del Centro studi, ha spiegato di non avere conosciuto Rognoni, «per me un gigante della politica che guardavo da lontano: oggi bisogna aiutare a farlo conoscere e tracciare una strada per noi e le nuove generazioni. Occorre preservare come un tesoro l’insieme di leggi che ha lasciato».