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Октябрь
2024

A Treviso otto assunti su dieci sono precari, le loro storie: «Tumore al seno, licenziata»

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Quasi 8 nuovi assunti su 10 hanno un contratto precario. A Treviso e provincia, il mercato del lavoro continua a mostrare un volto marcatamente instabile.

Secondo i dati di Veneto Lavoro relativi ai primi sei mesi del 2024, su 58.900 nuove assunzioni, ben 46.535 sono a termine, un dato che si traduce in un allarmante 79%.

In pratica, quasi otto nuovi lavoratori su dieci in provincia di Treviso non hanno la certezza di un posto di lavoro. A dominare il panorama sono i contratti a tempo determinato (31.345 in valore assoluto), che rappresentano oltre la metà delle nuove assunzioni (53,22%), seguiti dalla somministrazione (11.890, pari a 20,19% del totale) e dall'apprendistato (3.295, quindi il 5,59%). Una situazione che si protrae ormai da diversi anni, con dati sostanzialmente stabili dal 2021, a dimostrazione di una persistente difficoltà a garantire contratti a tempo indeterminato.

Le differenze

Il contratto a tempo determinato prevede una durata di massimo 24 mesi. Se si supera il limite senza rispettare le condizioni previste, si trasforma in contratto a tempo indeterminato. Il contratto di somministrazione coinvolge tre parti: l’agenzia di somministrazione, il lavoratore e l’azienda utilizzatrice. L’agenzia assume il lavoratore e lo “somministra” all’azienda.

Infine, il contratto di apprendistato è finalizzato alla formazione professionale dei giovani: è previsto un periodo di formazione, al termine del quale il rapporto può proseguire se nessuna delle parti esercita il diritto di recesso.

I problemi

Forme contrattuali che si scontrano presto con la realtà. «I lavoratori precari si sentono soli - afferma Rossella Careddu, segretaria Nidil Cgil di Treviso e coordinatrice regionale Nidil Cgil Veneto - La precarietà è un fenomeno trasversale a tutti i settori e la paura di perdere l'agognato contratto a tempo indeterminato impedisce a molti di parlare».

La sindacalista sottolinea come la solidarietà tra colleghi e l’azione sindacale siano fondamentali per rompere l’isolamento. «Stiamo assistendo a una precarizzazione estrema - continua Careddu - Molte aziende utilizzano la somministrazione in modo sistematico per agganciare i lavoratori, formarli e poi stabilizzarli. Purtroppo non va sempre così, siamo di fronte a un sistema che sfrutta una normativa elusiva. Abbiamo contratti anche di un giorno: in Italia ci sono un milione di contratti di somministrazione, si contano anche contratti di un giorno. Lo strumento c’è da molto tempo, è molto utilizzato ma si fa ancora fatica a entrare nel meccanismo».

Il decreto dignità

E ancora, il fenomeno dello staff leasing (somministrazione di lavoro a tempo indeterminato) è in costante crescita: «Dopo l’introduzione del decreto dignità, c’è stato il boom. Le aziende, invece di assumere direttamente i lavoratori dopo i 24 mesi previsti dalla legge, li fanno assumere a tempo indeterminato dall'agenzia.

In questo modo, i lavoratori non hanno accesso a finanziamenti o mutui, perché il contratto non offre le stesse garanzie di un normale contratto a tempo indeterminato». Precariato che si lega inevitabilmente anche al caporalato: di questo si parlerà stasera alle 20.45 nell’Auditorium della Cgil in via Dandolo a Treviso.

Le storie dei lavoratori precari

Ha un tumore al seno, licenziata

Una lavoratrice somministrata, con un contratto a termine in scadenza tra due settimane, si trova a dover affrontare la sfida più grande della sua vita: un tumore maligno al seno. Un doppio colpo che mette a nudo le fragilità di un sistema lavorativo che sembra non lasciare spazio alla malattia, soprattutto quando si è precari e quando il dramma è così grande.

«Molto probabilmente non le rinnoveranno il contratto e non ha nemmeno la malattia post-lavoro perché è un contratto a termine - denuncia Careddu - Salvo non si riesca a intercedere con l’utilizzatore, ma ad oggi non ho notizie».

È un copione che si ripete con tragica frequenza: lavoratori somministrati che si ammalano e si ritrovano senza lavoro.

«Se un lavoratore somministrato si ammala, nel 99% dei casi la missione non viene prorogata - continua Careddu - E a differenza dei lavoratori a tempo indeterminato, non hanno diritto alla malattia dopo la cessazione del contratto».

Nel caso di questa lavoratrice, la situazione è ancora più complessa: una malattia grave diagnosticata durante un periodo di precarietà.

«Se avesse avuto un contratto a tempo indeterminato, avrebbe potuto fare fino a 180 giorni di malattia con la conservazione del posto di lavoro - spiega Careddu - Invece, essendo a termine, salvo magnanimità dell'utilizzatore, il contratto finirà e lei si troverà senza lavoro e, lo dico tra virgolette, senza diritto alla malattia»

Infortunio con denuncia sbagliata

Un lavoratore somministrato in un’azienda trevigiana è caduto dall’alto riportando la frattura di un polso. Fortunatamente, l’uomo è riuscito ad aggrapparsi a un piccolo appiglio, evitando conseguenze più gravi. Tuttavia, la vicenda si è complicata a causa di una serie di equivoci sulla figura del datore di lavoro.

Il lavoratore, infatti, ha inizialmente denunciato l’infortunio all’azienda utilizzatrice, ovvero il luogo in cui stava prestando servizio, scambiandola per il suo vero datore di lavoro.

«Ha confuso l’azienda dove lavorava con il suo datore di lavoro - scende nello specifico Careddu - Quando ho chiamato l’agenzia per l’uomo lavora, mi hanno detto di non avere alcun infortunio registrato a suo nome e di non saperne niente».

A seguito di questa segnalazione, il lavoratore infortunato si è rivolto alla Cgil per chiarire la situazione e avviare le pratiche Inail.

«Spesso i lavoratori somministrati fanno confusione tra il luogo di lavoro e il datore di lavoro - commenta Careddu - Questo accade perché siamo abituati a considerare il datore di lavoro come l’azienda in cui prestiamo servizio. Nel caso del lavoro somministrato, invece, il datore di lavoro è l’agenzia, mentre l’azienda è solo il luogo dove si svolge l’attività lavorativa. Questo crea confusione nei rapporti di lavoro lunghi e quando i lavoratori non sono nelle condizioni, anche dal punto di vista linguistico, di capire questa dicotomia».

Logistica, contratti settimanali

L’abuso del lavoro somministrato nei magazzini della logistica è un caso emblematico che solleva una serie di interrogativi sulla precarietà lavorativa e sull’efficacia della normativa. La caratteristica principale di questo modello organizzativo è la flessibilità estrema richiesta ai lavoratori, a volte raddoppiando in un giorno il personale.

Cgil segnala il caso di un’azienda che opera in provincia di Treviso dove, non conoscendo in anticipo i volumi di lavoro, si organizzano le attività di settimana in settimana, costringendo i dipendenti a una continua precarietà. I contratti, anziché essere stagionali e adattarsi ai picchi di lavoro, sono brevi e si concentrano sui giorni in cui è richiesta manodopera aggiuntiva.

«Si organizza il lavoro a giorni e il lavoratore è piegato ai volumi del committente - spiega Careddu - L’utilizzatore si libera dei lavoratori dal lunedì al venerdì, non ha responsabilità e non si assume il rischio di impresa. Nella Marca si utilizza molto lo staff leasing: contratto a tempo indeterminato con l’agenzia e missione a tempo indeterminato.

Tutto bello fino a quando l’utilizzatore può dire al lavoratore che non serve più, interrompe la missione dall’oggi al domani e paga la penale. Le norme non prevedono l’obbligo di preavviso o di motivazione. Il lavoratore rientra in agenzia ma di fatto perde il lavoro. Impugnando l’interruzione di missione, si perde perché non è un licenziamento: il contratto è attivo con l’agenzia. Ci muoviamo in un buco normativo».