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Октябрь
2024

Violenza sessuale su una minore a Trieste, chiesti 8 anni

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Avrebbe abusato di una tredicenne puntandole un coltello alla pancia. La Procura di Trieste ha chiesto otto anni di reclusione per un trentunenne di origini serbe, accusato di una violenza sessuale che sarebbe avvenuta il 23 maggio dell’anno scorso lungo la scalinata di viale XX Settembre, quella situata a pochi metri da piazza dei Volontari Giuliani e che porta al rione di San Luigi.

Come documentato in queste settimane dal Piccolo, si tratta di una zona piuttosto degradata dove si incontrano ogni giorno, da tempo ormai, persone con problemi di tossicodipendenza e di alcolismo.

Ma in quell’occasione sarebbe successo ben altro. Stando all’inchiesta, almeno: una violenza sessuale su una minorenne di tredici anni, poco più che bambina, costretta di forza a un rapporto orale sotto la minaccia di una lama. Questa l’accusa.

Il fascicolo, di cui si è occupato il pubblico ministero Lucia Baldovin, è ora in Tribunale, in primo grado, davanti al gup Luigi Dainotti che giudicherà l’imputato con il rito abbreviato. Il rinvio per le repliche delle parti coinvolte nel processo è in programma il prossimo 23 ottobre. In quella data il giudice Dainotti pronuncerà anche la sentenza.

Otto anni di reclusione, dunque, questo rischia ora il trentunenne (V.R. le sue iniziali). L’abuso sessuale, se dimostrato in aula, è aggravato dall’utilizzo di un’arma e dalla giovane età della ragazzina, che all’epoca dei fatti non aveva ancora compiuto quattordici anni.

Il giovane, difeso dagli avvocati Lara Lakic e Gabriella Frezza del Foro di Trieste, finora ha sempre proclamato la propria innocenza negando fermamente le accuse mosse a suo carico. E sostenendo, peraltro, che quel giorno – cioè il 23 maggio 2023 (era un pomeriggio) – fosse in compagnia dei suoi famigliari. I quali, da quanto risulta, avrebbero confermato.

Nel corso del procedimento giudiziario è emerso che i due – la presunte vittima e l’imputato – sono cugini.

All’epoca dei fatti la madre della tredicenne, dopo quanto riferito dalla figlia, aveva accompagnato la ragazzina in ospedale, al Burlo, per farla visitare. La minore sarebbe stata portata a pochi giorni di distanza dal presunto abuso.

Ma il trentunenne, come detto, sostiene di non averle fatto nulla. Anzi, di non essere stato lì, quel pomeriggio, in quella scalinata, con la cugina.

La presunta vittima è stata comunque sentita in sede di incidente probatorio. «Sosteniamo con fermezza l’innocenza del nostro cliente», affermano le legali dell’imputato, avvocati Lakic e Frezza. «Il nostro cliente ha un alibi, perché si trovava altrove e con altre due persone in quella giornata. Inoltre – precisano – riteniamo che questo sia un processo puramente indiziario. Va aggiunto – sottolineano – che la persona offesa è stata sentita in incidente probatorio a distanza di sei mesi dai fatti. Essendo appunto una minorenne, quindi vulnerabile, avrebbe dovuto essere sentita subito. Proprio per garantire la genuinità delle sue parole. Non così tanto tempo dopo, anche perché in quei sei mesi la ragazzina, oltre che con il personale sanitario del Burlo, ha parlato con gli psicologi, con i familiari e con gli amici. Di conseguenza nell’incidente probatorio – ribadiscono gli avvocati Lakic e Frezza – non è stata tutelata la genuinità delle prime dichiarazioni della persona offesa».

Al di là del caso processuale in sé, la scalinata di viale XX Settembre, così defilata rispetto all’abituale viavai di quella zona, è oggetto di continue segnalazioni da parte dei residenti che assistono ogni giorno a incontri tra persone con problemi di disagio legati alla dipendenza da sostanze stupefacenti e da alcol. Tra le siepi che costeggiano i gradini sono visibili, oltre che i cocci di vetro delle bottiglie rotte, numerose siringhe.