Jannik Sinner contro Carlos Alcaraz, a Pechino la finale più attesa per il titolo del China Open
Da una parte Jannik Sinner, dall’altra Carlos Alcaraz. Sono gli uomini che costituiscono, almeno finora, la nuova era del tennis, e per la prima volta da più di due anni potranno affrontarsi in una finale. Il contesto è quello dell’ATP 500 di Pechino, il China Open, che finisce mentre comincia il Masters 1000 di Shanghai, per una serie di perversi effetti del calendario del circuito ATP che porta alcune finali dello swing asiatico a chiudersi in mezzo alla settimana.
Ufficialmente è il decimo confronto, di fatto è come se fosse l’undicesimo (l’ATP non riconosce Challenger, ITF e qualificazioni pur dandone conto). Sul circuito maggiore è Alcaraz a condurre per 4-5, ma quest’anno i confronti sono stati due e, considerate le volte in cui sono finiti dallo stesso lato di tabellone, avrebbero potuto essere almeno un paio in più. Sia a Indian Wells che al Roland Garros, in semifinale, ha vinto il murciano in rimonta, ma è chiaro che ogni capitolo della saga fa storia a sé.
Non va nemmeno dimenticato come la semifinale giocata proprio a Pechino un anno fa fu quasi il simbolo dell’inizio dell’era d’oro di Sinner, che per la prima volta riuscì a battere il rivale in due set, poi sconfisse Medvedev in finale e di lì non si fermò praticamente più. Da allora, Jannik è stato sconfitto in rarissime occasioni e dai più forti: Djokovic, Alcaraz due volte, Medvedev, Tsitsipas e Rublev. Fine della lista. Del resto, la classifica parla per l’azzurro, che ha un margine di punti talmente elevato su chiunque da poter guardare con ottime probabilità all’eventualità di chiudere in vetta al ranking il 2024.
Jannik Sinner: “Mi godo un’altra finale, con Alcaraz sarà dura: ogni match con lui è diverso”
Una settimana difficile, ad ogni modo, quella di Sinner, non tanto per le vicende tennistiche quanto per quelle lontane dal campo, in cui la WADA è tornata a fare visita con un ricorso che penderà sulla sua testa almeno, nel migliore dei casi, fino agli Australian Open. Ne è uscito con la sua solita ricetta: durezza mentale, capacità di mettere in campo quel che ha, forza di dimostrare che il suo status è quello che ha acquisito col tempo. Non sempre è stato perfetto, ma è stato in grado di gestire bene i momenti che contano, riuscendo prima a evitare il terzo set contro Lehecka nei quarti e poi a evitarlo anche contro un Bu davvero ispirato (e chissà che questo non sia il suo trampolino di lancio).
Quanto ad Alcaraz, invece, finora nessun set perso e condizione in generale molto buona, dopo che era uscito dagli US Open in maniera davvero fragorosa. Molti sono usciti sostanzialmente con le ossa rotte dalla Laver Cup di Berlino, lui si è invece riuscito a instradare molto bene schivando diversi tra pericoli del tabellone (Mpetshi Perricard) e figure di livello (Khachanov e ancor più Medvedev). Chiaramente, però, l’affrontare Sinner impone un ulteriore livello di difficoltà, cioè il dover fare i conti con un giocatore che più di ogni altro ha le contromisure per contenere il suo tennis.
Nei fatti, è la caccia al 17° titolo per Sinner, che finora ha un rapporto straordinario con le finali, visto il record di 16-4. Non è poi tanto da meno Alcaraz, che è a quota 15-5 (e questo introduce l’altro tema particolare dell’ultimo atto: per entrambi è il 21° della carriera). Con un successo l’azzurro si imporrebbe ancor più quale dominatore assoluto del 2024, essendo attualmente a sei titoli nell’anno, mentre lo spagnolo intende diventare il secondo da solo, dal momento che attualmente è a quota 3 insieme a Matteo Berrettini (per quanto il peso sia diverso: due Slam e un 1000 contro tre 250).
E c’è anche un lato curioso, legato anche al fatto che quella di Sinner non è l’unica finale italiana in campo oggi. A Pechino, infatti, anche Simone Bolelli e Andrea Vavassori cercheranno la vittoria contro Harri Heliovaara e Henry Patten, lo stesso duo in quota Finlandia e Gran Bretagna che dal loro scalpo al primo turno di Wimbledon passò per arrivare fino a vincere il titolo (e scrivere una storia tra le più incredibili del 2024). Se Jannik o il doppio azzurro dovessero vincere (o entrambi), l’Italia potrebbe alternativamente raggiungere o superare gli Stati Uniti in vetta alla particolare graduatoria delle nazioni più vincenti dell’anno. L’obiettivo è dei 15 oppure 16 titoli complessivi.