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Сентябрь
2024

A Vicenza un maxi murales per Paolo Rossi, la moglie Federica: «Le persone non smettono di amarlo»

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Federica Cappelletti Rossi è una bravissima giornalista. Forse la migliore della sua generazione se anche l’incontentabile Vittorio Feltri di lei scrisse: «È l’unica che avrei voluto assumere, ma mi disse che aveva scelto di fare la mamma».

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Mamma di Maria Vittoria e Sofia Elena, moglie di Paolo Rossi. Da quattro anni, cioé dal dicembre del 2020, Federica dice che ha preso il testimone lasciato da Paolo. In realtà è lei stessa ad essere il testimone di una storia infinita. Quella di un calciatore «semplice, amatissimo, dal sorriso conquistatore» salito sul tetto del mondo con la Nazionale italiana in un’estate prima furiosa e poi dolcissima, dell’ormai lontano, ma indimenticabile, 1982. Da allora, in qualsiasi angolo del mondo, dai più perlustrati ai più remoti, tra i bambini che rincorrevano un pallone o nelle zone di guerra dimenticate perfino da Dio, Paolorossi - scritto e detto proprio così - è diventato sinonimo di Italia.

Lunedì sera, a Vicenza, la città che lo adottò e dove divenne un campione, Paolo è stato festeggiato - sarebbe stato il suo sessantottesimo compleanno - da un migliaio di persone al Teatro Nazionale e con l’inaugurazione di un maxi murale, opera dell’artista brasiliano Eduardo Kobra.

«È un murale di 60 metri, il più alto d’Europa. Ed è singolare che a realizzarlo sia stato un brasiliano, visto che Paolo, al Mondiale ’82, segnò tre reti proprio al Brasile. L’altro, Kobra, lo ha dedicato a Pelé».

È un altro modo di alimentare il ricordo di suo marito.

«Le persone hanno sempre il desiderio di viverlo, molti mi scrivono come se scrivessero a lui. Partecipano come se ci fosse. Quando ne parlano usano il tempo presente, come se non fosse mai andato via».

Lei, più volte, ha parlato di un flusso ininterrotto di memoria e di coscienza.

«Di solito, quando una persona ci lascia, c’è subito una grande partecipazione emotiva che, con il passare del tempo, inevitabilmente si affievolisce. Nel caso di Paolo sta accadendo il contrario. Più il tempo passa più aumenta l’attenzione e l’amore nei suoi confronti».

Come spiega questo fenomeno?

«Credo accada per i valori che ci ha lasciato. Alla semplicità ha unito la dolcezza e la disponibilità verso gli altri. È sempre stato uno di noi».

Come quando giocava di Paolo Rossi si parla ancora anche all’estero.

«Fra meno di un anno, il 25 maggio 2025, al Palazzo di Vetro dell’Onu sarà ospitata una mostra su di lui, in occasione della giornata mondiale del calcio».

Lei dice che ha preso il testimone da Paolo. Personalmente, invece, credo che lei sia il testimone di tante idee che Paolo avrebbe voluto realizzare.

«La Paolo Rossi Foundation era un suo progetto. Siamo stati a Varsavia ad organizzare un camp di una settimana con ottanta orfani e rifugiati. Altre iniziative le faremo nel resto del mondo».

Qual è stato il ricordo più emozionante che ha avuto in questi quattro anni senza Paolo?

«Non ce n’è uno in particolare. Ogni volta mi emoziono delle persone e mi stupisco delle cose, dalle più piccole alle più grandi. Ogni volta mi commuovo e partecipo in maniera totale».

La gente è ancora per Paolo e con Paolo. Ma le istituzioni, pensa che avrebbero dovuto fare di più?

«In generale percepisco anche da quel versante una grande ammirazione, ma a volte ho pensato che si sarebbe potuto essere più presenti. Con la vittoria dei Mondiali, Paolo è stato un uomo che ha unito un Paese. Io credo che, a volte, lo si dovrebbe ricordare e riconoscere».

Lei è presidente della Divisione calcio femminile della Federcalcio. Come le sembra questa esperienza?

«Sono felice di far parte della Federcalcio. Il calcio femminile, che conoscevo meno del maschile, è un ambiente di valori autentici, dove la competizione è sana e pulita».

Riuscirà a sfondare anche in Italia?

«La crescita è continua e penso che siamo maturi per raggiungere risultati più ambiziosi».