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Сентябрь
2024

Può bastare un “sospetto” per bloccare un IP?

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Le parole sono importanti, soprattutto se inserite all’interno del tessuto legislativo di un Paese. E quando si vuole modificare e rendere ancor più stringente una norma (già complessa e controversa) andando a punire anche il solo sospetto, vuol dire che siamo arrivati alla fase in cui tutto si dovrebbe fermare, riflettere e tornare alle origini di ciò che dovrebbe essere considerato legale all’interno di un Paese democratico come dovrebbe essere l’Italia. E, invece, all’interno di un emendamento – presentato e riaccolto, dopo la bocciatura, nella discussione al cosiddetto “decreto Omnibus” – che vuole modificare alcuni dei paletti del già contestato e controverso sistema del Piracy Shield (lo scudo anti-pirateria), ecco che si vogliono obbligare i vari operatori di internet (a tutti i livelli) a segnalare anche possibili attività sospette. Anche se non si ha la certezza della violazione della legge.

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Nel precedente approfondimento sul tema, abbiamo parlato di entrambi gli emendamenti in discussione sul Piracy Shield. Ora ci concentriamo sul secondo, sempre a firma dei senatori della maggioranza Damiani (Forza Italia), Liris (Fratelli d’Italia) e Zedda (Fratelli d’Italia), in cui compare questa parola: “sospetto”. Basterà supporre e avere il sentore che su un determinato IP o FQDN si stiano commettendo possibili attività illecite per dover procedere con la segnalazione e il blocco totale. Anche se poi questo sospetto dovesse rivelarsi un nulla di fatto.

Emendamento Piracy Shield e l’intervento sul “sospetto”

Nello specifico, l’emendamento al “decreto Omnibus” numero 6.0.36 chiede l’introduzione dell’articolo dell’articolo numero 174-sexies all’interno della legge sulla protezione del diritto d’autore (la 663/1941), norma che è alla base delle pene previste dalla legge anti-pirateria entrata in vigore nell’agosto del 2023. E il primo comma rappresenta una delle principali problematiche alla base di questo emendamento Piracy Shield. Anzi, uno di principali obbrobri giuridici mai letti nel nostro Paese. Riportiamo di seguito il testo, evidenziando questo abominio:

«I prestatori di servizi di accesso alla rete, i soggetti gestori di motori di ricerca e i fornitori di servizi della società dell’informazione, ivi inclusi i fornitori e gli intermediari di vpn (virtual private network) o comunque di soluzioni tecniche che ostacolano l’identificazione dell’indirizzo IP di origine, gli operatori di content delivery network, i fornitori di servizi di sicurezza internet e di DNS distribuiti, che si pongono tra i visitatori di un sito, e gli hosting provider che agiscono come reverse proxy server per siti web, quando sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate condotte penalmente rilevanti ai sensi della presente legge, dell’articolo 615-ter o dell’articolo 640-ter del codice penale, devono segnalare, senza ritardo, all’autorità giudiziaria o alla Guardia di finanza tali circostanze, fornendo tutte le informazioni disponibili». 

Traduciamo in italiano: gli Internet Service Provider (ISP), le aziende che sviluppano i motori di ricerca, gli intermediari delle VPN, gli operatori CDN e tutti gli altri attori che consentono di collegarsi a Internet, devono necessariamente procedere e segnalare (quindi oscurare e bloccare) alle autorità competenti l’eventuale violazione della legge da parte degli utenti (come nel caso della trasmissione illecita di partite di calcio). Ma non c’è bisogno, ed è qui il vero obbrobrio, di avere la certezza dell’illecito, basterà avere il sospetto (anche non certo al cento per cento) per essere obbligati a procedere. Nello specifico, infatti, si sostiene:

«Quando sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate condotte penalmente rilevanti ai sensi della presente legge». 

La pena per chi non interviene con una delazione basata su un “sospetto”? La reclusione fino a un anno di carcere che sarà comminata a un rappresentante legale dell’azienda nel nostro Paese. Dunque, tutti gli attori protagonisti della rete dovranno – per continuare a operare in Italia – nominare un rappresentante che risieda nel nostro Stato. E se il sospetto che ha portato al blocco di un IP fosse infondato? A questa domanda non vi è data risposta all’interno dell’emendamento.

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