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Сентябрь
2024

Pristina-Belgrado, lite infinita: ora le accuse di «culturicidio»

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Non solo le tensioni nel nord del Kosovo, sempre a un passo dall’escalation. E il dialogo a guida Ue, in stallo totale da mesi. Tra Belgrado e Pristina si sta aprendo un nuovo fronte, con reciproche accuse che questa volta riguardano un cosiddetto “culturicidio”. È stato proprio questo il termine usato dal premier kosovaro Albin Kurti nei confronti della Serbia, in un apprezzatissimo post su Facebook in cui ha ribadito che Pristina ha tutta l’intenzione di lottare «per la verità e la giustizia per tutti i crimini commessi» da Belgrado, anche quelli relativi al patrimonio artistico, storico e culturale.

Ma a cosa si riferiva, Kurti? La miccia è stata il completamento di un rapporto sul «genocidio culturale» che la Serbia avrebbe commesso in Kosovo tra il 1998 e il 1999, già consegnato all’Istituto per la documentazione dei crimini di guerra per mano del ministro kosovaro della Cultura, Hajrulla Ceku. «Durante la guerra, oltre ai numerosi crimini di guerra» compiuti nella sua al tempo provincia meridionale, il regime di Milosevic avrebbe pure «messo nel mirino l’eredità culturale del Kosovo», per cancellare la storia della maggioranza albanese, ha sostenuto Ceku. I numeri parlerebbero chiaro.

Secondo lo studio portato a termine da una commissione governativa, quello che viene ora definito da Pristina come un «genocidio culturale» si sarebbe tradotto nella distruzione di «1.784 monumenti, in 3.724 opere rubate, in 175 biblioteche rase al suolo» e nella distruzione di «1,7 milioni di libri in lingua albanese», oltre che nella sottrazione di «decine di migliaia» di documenti, senza contare le opere d’arte, «centinaia», danneggiate o sparite. Numeri che potrebbero tradursi in una «battaglia per la giustizia e i risarcimenti a carico della Serbia», ha aggiunto Ceku.

Belgrado, naturalmente, non ci sta. E ha contrattaccato. Lo ha fatto con una durissima nota del ministero della Cultura, che ha bollato come «assurde accuse» quelle evocate da Pristina, basate per di più su «banali menzogne» – dietro cui però si celerebbe addirittura la volontà di «appropriarsi» di quello che in realtà sarebbe parte del patrimonio culturale serbo. Anzi, Pristina non avrebbe potuto inventarsi «una bugia più grande e oscena», ha rincarato Belgrado. Vittima di culturicidio sarebbero invece la minoranza e il patrimonio artistico e culturale serbi in Kosovo, sottoposti dalla fine della guerra a «distruzioni sistematiche, incendi, dissacrazione di cimiteri, furto di opere, saccheggi». Da parte albanese