La tragedia di Andrea Romanelli diventa un film: a realizzarlo il figlio Tommaso
Una storia vera. Tragica, drammatica, dolorosissima. Un film di cui già si parla, e si parlerà a lungo. Approda al cinema la vicenda di Andrea Romanelli, l’ingegnere e velista udinese 34enne che la notte del 3 aprile 1998 scomparve nell’Oceano Atlantico durante una tempesta. Fila, imbarcazione italiana sponsorizzata dall’omonimo marchio di abbigliamento, stava battendo il record del mondo di traversata atlantica da est a ovest, dagli Stati Uniti all’Europa. Il mondo seguiva giorno per l’impresa, era stato il capitano Giovanni Soldini a volere Romanelli a bordo, il friulano era stato a capo del team dei progettisti dello scafo oltre a essere un eccellente velista estremo, già protagonista di traversate oceaniche in solitaria al pari di Soldini.
Onde di 20 metri, vento a 80 nodi. La barca si rovescia e quando Soldini la raddrizza restano in quattro a bordo. Romanelli è disperso in pieno Atlantico, a 400 miglia dalla costa inglese. Acque gelide, nessun mezzo di soccorso alle viste. Capo Lizard in Cornovaglia avrebbe dovuto essere l’approdo trionfale, diventa il luogo del commiato. Il corpo non sarà più ritrovato. La cerimonia funebre ufficiale a Udine con l’equipaggio superstite, la dichiarazione di morte presunta, infine una tomba su cui piangere ma senza avere mai saputo fino in fondo come e perché l’incommensurabile fosse potuto succedere, sono l’eredità con cui la moglie Fabrizia Maggi e il figlio hanno convissuto fino a oggi.
Non un lascito facile per Tommaso Romanelli, che all’epoca della tragedia aveva quattro anni e che ha scelto di diventare autore e regista per raccontare la storia di suo padre. Per farlo riemergere dall’oblio, per cercare di dipanare un mistero che ha a che fare con il significato stesso della vita, con la pretesa legittima di un figlio di riavere, se non il corpo, l’anima, il vissuto di suo padre. Così nasce No More Trouble. Cosa rimane di una tempesta, un “viaggio nella memoria” come è stato presentato nella conferenza stampa della rassegna Alice nella città, che ha scelto di aprire con il film di Romanelli la sezione Panorama Italia in occasione della Festa del Cinema di Roma. La proiezione dell’opera prima di Tommaso Romanelli, che del documentario firma anche la scrittura, sarà giovedì 17 ottobre. La fotografia è di Nikolai Huber, il montaggio di Andrea Campajola, le musiche di Lorenzo Tomio, il suono in presa diretta di Luca Bertolin e Marco Cecotto, il montaggio del suono di Daniela Bassani e Marzia Cordò. Il film è prodotto da Teorema Studio con Indigo Film, con il contributo del Ministero della Cultura, del Fondo per l’Audiovisivo e della FVG Film Commission, di Promoturismo e della Regione. Distributore è l’udinese Tucker Film.
No more trouble. Cosa rimane di una tempesta è frutto di un lavoro durato anni, che ha coinvolto l’autore in una lunga, personale ricerca di tracce, testimonianze, ricordi tangibili e no, ma anche una ricerca di senso, di significato sui passi di un genitore a cui fisicamente si assomiglia come una goccia d’acqua senza il privilegio di potersi specchiare in lui se non in sbiadite fotografie.
“Un perdita incolmabile. Il mondo della vela ha perso un grande progettista che al mare aveva dedicato tutta la vita”. Così i giornali specializzati avevano titolato alla scomparsa di Andrea Romanelli. Laureato al Politecnico di Milano in ingegneria aeronautica – solo un utile passaggio per dedicarsi alla progettazione di scafi a vela – ai Cantieri Tencara aveva lavorato nel team del Moro di Venezia. Jean-Marie Finot, titolare a Parigi del più importante studio di barche oceaniche al mondo, lo aveva incaricato dell’apertura della filiale italiana. Ma Andrea non solo progettava, era anche uno dei più forti velisti italiani. Nel 1993 aveva completato con un risultato record la Minitransat, regata in solitaria da Brest a Saint Martin nelle Antille, con uno scafo di sei metri senza alcuna strumentazione elettronica. A un diario di bordo aveva affidato le emozioni vissute durante la traversata «La natura continua a sconvolgermi profondamente” scriveva, “mi lascia ogni giorno di più senza parole”. —