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Сентябрь
2024

Sputi e offese omofobe al collega, due vigili a processo a Venezia

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Un clima d’inferno sul luogo di lavoro. Spinte, offese continue, scherzi di pessimo gusto ripetuti nel corso degli anni, sberle dietro la minaccia di «fargliela pagare» se solo avesse osato raccontare tutto ai superiori.

È con l’accusa di concorso in atti persecutori che due vigili della polizia locale, impiegati in ruoli amministrativi all’interno dell’ufficio contravvenzioni, si trovano ora imputati davanti al giudice monocratico del tribunale di Venezia.

La vicenda giudiziaria ha inizio nel 2019 in seguito alla denuncia presentata dalla vittima alle forze dell’ordine. Gli episodi contestati coprono però un arco temporale compreso tra il 2012 e il 2018, quando i due vengono trasferiti dai vertici della polizia locale non appena emersi gli episodi.

Sei anni di sopraffazione, come si legge nel capo d’imputazione, tali da provocare nella vittima - difeso dall’avvocato Carlo Stradiotto - un grave stato di ansia e di paura ai danni della persona offesa, dipendente di una società operante negli stessi locali dei due e con compiti complementari rispetto a quelli della polizia locale amministrativa.

Per come ricostruito durante le indagini, e grazie anche alle testimonianze raccolte, diversi sarebbero stati gli episodi ai danni della vittima. A cominciare dalle continue offese omofobe rivolte nei suoi confronti, seguite anche da percosse, sberle e calci non appena entrati nella sua stanza e approfittando del fatto che la vittima si trovasse di spalle alla porta.

Fin dal 2016, poi, i due lo avrebbero chiamato a più ripresa all’interno del loro ufficio per spruzzargli addosso il deodorante per il bagno. Comportamenti che, come riportato nella denuncia, si sarebbero ripetuti a una cadenza addirittura di due volte a settimana. Ma le “punizioni” assumevano anche carattere fisico.

Nel giugno del 2017, ad esempio, i due avrebbero legato la vittima alle mani e ai piedi con del nastro adesivo, costringendolo a restare steso sul fianco e accusandolo di essere un «lecchino del capo».

Ancora, i due si sarebbero resi protagonisti di sputi e schizzi con l’acqua. In un’altra occasione, uno dei due imputati sarebbe addirittura arrivato a usare la propria cintura dei pantaloni girandola intorno al collo della persona offesa e successivamente tirandola come a mimare il gesto dello strozzamento.

Vittima di continui maltrattamenti ma al tempo stesso intimorito per quello che sarebbe potuto succedergli, l’uomo avrebbe iniziato a raccontare il tutto. Prima alla compagna e poi alle forze dell’ordine. Di tutta risposta, le minacce si sarebbero inasprite ancor di più.

Una volta denunciati gli episodi all’interno del luogo di lavoro, i vertici della polizia locale hanno immediatamente segnalato i due dipendenti, trasferendoli d’ufficio con urgenza. La tesi difensiva punta a smontare le accuse e a dimostrare, invece, che i comportamenti dei due non fossero altro che scherzi.

Lunedì 23 settembre, davanti al giudice è comparso un collega della parte offesa e un consulente. La prossima udienza è fissata per il 16 dicembre quando compariranno quattro testimoni della difesa.