Bancali spariti, licenziato dall’Iper di Castelfranco: i giudici cancellano il reintegro
Licenziato, riassunto dopo una battaglia sindacale e una sentenza del tribunale del lavoro, infine licenziato ancora perché appello e Cassazione danno ragione al datore di lavoro, nello specifico la catena di supermercati Iper. Protagonista un lavoratore trevigiano, Fabio Lena, delegato sindacale Filcams all’epoca del licenziamento, avvenuto nel luglio del 2018.
Licenziamento e reintegro
Motivo dell’interruzione per giusta causa del rapporto di lavoro era stata una gestione inappropriata dei bancali di consegna delle merci al supermercato: secondo il datore di lavoro, Lena, addetto al magazzino all’Iper di Castelfranco, era responsabile di un ammanco di 149 bancali tra quelli in entrata e in uscita.
Da qui la comunicazione del licenziamento, subito contestata e impugnata da parte del lavoratore stesso e della Cgil.
Poco più di un anno dopo era arrivata la sentenza del tribunale del lavoro di Treviso, favorevole al magazziniere: il fatto non sussiste, il lavoratore va reintegrato.
«Un primo passo verso l’accertamento della verità in merito a quanto accaduto – avevano commentato i segretari Filcams Barbara Zunnui e Alberto Irone – da subito abbiamo difeso il lavoratore, data l’insufficienza totale di prove in merito al fatto contestato. Bene dunque che il giudice del lavoro abbia emanato questa sentenza».
Il ribaltone
A opporsi, però, è toccato poi al datore di lavoro, Iper Montebello Spa: la Corte d’appello di Venezia ha accolto le istanze della società, stabilendo la legittimità del licenziamento.
Ribaltone completo, insomma, confermato ora anche dalla Cassazione che nei giorni scorsi ha respinto il nuovo ricorso del lavoratore: il licenziamento è definitivo. La Filcams, in attesa di capire i prossimi passi della vicenda, al momento non commenta la sentenza.
La sentenza
Formalmente l’accusa nei confronti del lavoratore è di aver «effettuato il caricamento di bancali “Epal” e “a perdere” in numero maggiore rispetto a quelli consegnati, con un differenziale complessivo di 149».
Un danno economico, per l’azienda, perché i bancali di legno hanno un costo e un mercato. Impugnato il recesso del rapporto da parte del lavoratore, il tribunale di Treviso aveva dichiarato illegittimo il licenziamento «per la irrilevanza disciplinare delle condotte, che erano state riferite solo ad alcuni giorni di quelli contestati, al più punibili, come per la mera negligenza, con una multa».
Ma il secondo grado di giudizio, come detto, ha ribaltato la situazione, ritenendo legittime sia le contestazioni a carico del lavoratore, sia il provvedimento più grave, ovvero il licenziamento.
Le motivazioni
La Cassazione ha dato ragione alla «Corte territoriale» che «ha considerato rilevante la condotta sul piano disciplinare e, in particolare, la sua attitudine ad incrinare irrimediabilmente il rapporto fiduciario con il datore di lavoro, anche tenendo conto della esiguità del valore commerciale dei beni perduti», e che «ha posto in rilievo la continuità e ripetitività della condotta realizzata evidenziando la lesione dell’affidamento che il datore di lavoro deve nutrire nei confronti del proprio dipendente che aveva approfittato di una posizione lavorativa che gli consentiva una libertà di azione di cui aveva reiteratamente abusato per scopi illeciti».
Le tensioni
Anche dopo il reintegro del lavoratore la situazione non si era rasserenata, anzi: il magazziniere lamentava un cambio di mansioni dovuto, a sua detta, al ruolo da lui ricoperto come sindacalista.
Una sorta di punizione, insomma. Circostanza sempre fermamente respinta dall’azienda, che ha sottolineato di aver agito nel pieno rispetto delle regole.