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Сентябрь
2024

Poliziotti padovani indagati per il pestaggio di un ragazzo, la Procura chiede l’archiviazione

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Aveva denunciato di essere stato pestato da due agenti della Squadra mobile dopo essere stato fermato, di notte, e immobilizzato in via Einstein a Montà. Anzi la denuncia è stata presentata dai genitori del 17enne (all’epoca dei fatti, il 16 dicembre 2022) tramite l’avvocata Cristina Bissacco.

In cinque sono finiti sotto inchiesta, quattro tra ispettori e agenti con un medico di base. Un’inchiesta che rischia di finire in archivio: a chiederlo il pm Roberto D’Angelo anche se, dopo la formale conclusione dell’indagine, aveva ritenuto di formalizzare le contestazioni a carico di un ispettore e di un collega oltreché del medico di base del primo.

Il motivo? Tutta colpa della riforma Cartabia, un riforma del processo penale e del sistema delle pene entrata in vigore nel gennaio 2023. Scrive il pm D’Angelo nella richiesta di archiviazione trasmessa all’Ufficio gip del tribunale di Padova e alla parte offesa che alla luce delle norme Cartabia, «viste le opposte ricostruzioni dell’accaduto fornite da una parte dal ragazzo e dall’altra dai poliziotti... non può essere formulata una ragionevole previsione di condanna per i reati contestati (il riferimento è ai tre indagati nei cui confronti il procedimento era stato chiuso in vista del successivo passo, la richiesta di rinvio a giudizio; mentre per altri due agenti era già stata chiesta l’archiviazione».

Da qui la richiesta di archiviare. Un passo indietro.

La vicenda

Il 16 dicembre 2022 intorno alle 23 il ragazzo avrebbe lasciato la pizzeria “Arizona” a Chiesanuova dove aveva cenato con gli amici e, a metà strada, stava rincasando dopo aver salutato un compagno con il segno del “cinque”.

D’improvviso – è la sua versione – una macchina frena, i due occupanti, con abiti civili, escono dall’abitacolo e corrono verso di lui, che ha in testa un cappuccio per proteggersi dal freddo. Il giovane si spaventa, lascia cadere la bicicletta e scappa.

Gli sconosciuti gli sarebbero saltati addosso infilandogli le mani nelle tasche prima di metterlo a terra, continuando a picchiarlo anche con pugni e calci. I genitori presentano una denuncia. Il figlio è interrogato due volte.

E precisando «Ho pensato che volessero derubarmi....», nel primo interrogatorio del 27 febbraio 2023, in procura minorile, dichiara che i due si erano qualificati come poliziotti dopo averlo strattonato; nel secondo interrogatorio davanti al pm D’Angelo (il 31 ottobre 2023) dice che si erano qualificati come agenti dopo aver iniziato a colpirlo. In più ha aggiunto che gli agenti si erano scusati («Abbiamo sbagliato persona») avendolo scambiato per uno spacciatore marocchino.

L’indagine

Sempre il giovane aveva sottolineato di non aver mai reagito (i poliziotti, invece, lo avevano denunciato per resistenza, reato per il quale è indagato in procura minorile).

Il che contrasterebbe con la consulenza affidata dal pm al medico legale Rafi El Mazloum secondo il quale, esaminando le ferite riportate anche dai poliziotti, la reazione del 17enne non sarebbe stata meramente passiva.

Come si spiega la diversa versione della vittima? Scrive il pm: con il fatto che in quel momento potrebbe essere stato alterato come riferito dall’ispettore di polizia ( «... non era in sé e aveva gli occhi fuori dalla bocca»). Peraltro il 12 maggio 2023 il 17enne era stato perquisito. E nella sua stanza da letto erano stati sequestrati due frammenti di hashish di 0.19 e 0.35 grammi.

In più l’analisi dei cellulari sequestrati ad altri amici, aveva rivelato che tra i ragazzi c’era un consumo abituale di spinelli. E che, in una conversazione di gruppo, il 17enne aveva avvertito gli amici che avrebbero potuto essere interrogati, invitandoli a raccontare come l’uscita insieme fosse stata per una pizza e una birra in compagnia.

E il medico di base che aveva attestato all’ispettore una frattura al polso (e così non era)? Un mero errore materiale nel certificato tanto che la prognosi era stata di 10 giorni. Insomma tutte le ricostruzioni, pur sostenibili in un processo, non potrebbero mai portare a una sentenza di condanna, conclude il pm.

E per la riforma Cartabia la richiesta di rinvio a giudizio esige non la sola sostenibilità dell’accusa in tribunale. L’accusa deve consentire di formulare una ragionevole previsione di condanna.