Stipendi medi in crescita, Padova terza nel Veneto
Il primo elemento è che sono cresciuti nel 2023 gli stipendi nelle tasche dei padovani, con una retribuzione media annua di 31.597 euro, e che la provincia, unica in Veneto a registrare un aumento rispetto al 2022, supera la media nazionale che è di 31.442 euro annui.
Fin qui, quadro positivo. Ma ciò nonostante, ed ecco il secondo elemento, Padova è 21esima nella classifica delle 107 province italiane, e l’aumento medio delle retribuzioni si aggira sul 2% ma a fronte di un’inflazione, nel 2023, del 5, 7%. Tradotto: «Nel Padovano, come in Italia, la perdita del potere d’acquisto dei salari è progressiva», mette in guardia Marco Galtarossa, segretario confederale Cgil Padova, commentando l’osservatorio pubblicato da JobPricing sulle retribuzioni globali annue (Rga) nel settore privato, provincia per provincia.
Cresce la forbice
I numeri sembrerebbero promettenti, con Padova terza su scala regionale dietro a Belluno (31.846 euro) e Verona (31.662 euro), e una posizione guadagnata nel report nazionale dominato dalla Lombardia, con Milano in testa (37.611 euro di media).
«Analizzando lo studio, gli standard retributivi sono pressoché fermi e bassi», rileva il sindacalista, «saliamo di una posizione perché Trento è in caduta libera mentre cresce la forbice tra chi guadagna di più e chi di meno a livello territoriale, in particolare tra Alta e Bassa. L’osservatorio è un campanello d’allarme che ci preoccupa».
Più o meno fortunati
Resta solida la crepa tra un Nord Italia trainante e un Sud a ruota, con differenze salariali enormi e solo in parte mitigate dai contratti collettivi, «i due terzi dei lavoratori nel Padovano sono impiegati nel terziario (rami ristorazione, turistico-alberghiero, logistica), dove sfruttamento, irregolarità e lavoro povero sono più diffusi», ricorda Galtarossa.
L’occupazione sale, non la qualità del lavoro e della vita: «Le professioni meglio retribuite rimangono una minoranza. Non c’è una politica industriale che scelga e investa su segmenti strategici, ma si lascia che sia il mercato a imporre l’agenda. Intanto il Nord Est, contoterzista della Germania, ne subisce passivamente la crisi in corso».
Alta e Bassa
Una a trazione metalmeccanica con imprese medio-grandi; l’altra costellata di piccole realtà nella logistica.
«Il Distretto del freddo, poi, è nel Piovese, quello calzaturiero al confine con Venezia, ma l’area più sviluppata industrialmente è tra Padova e l’Alta», ricostruisce Cgil, in assonanza alla lettura che dell’indice dà il senior partner di Jobpricing, Federico Ferri: «Non sorprende che le aree a maggiore vocazione manifatturiera, con grande concentrazione di operai, siano battute da metropoli come Milano e Roma, nelle quali si concentrano le sedi delle grandi multinazionali e i white collar sono preponderanti».
Non a caso lo stacco di Rga tra Padova e Milano è di circa 6 mila euro.
Problemi e soluzioni
«Si è privilegiata la contribuzione a pioggia, senza vincoli, lasciando indietro ricerca e sviluppo», sottolinea Galtarossa.
Il sindacalista parla di «politica tarata sulla svalorizzazione del lavoro», che non bada come, ma solo al quanto.
«Abbiamo perso interi settori dove eravamo i primi tra cui il fotovoltaico e il poliuretano espanso – aggiunge – Il nostro territorio paga la dimensione della piccola impresa che, se lasciata sola, è una condanna, e non un vanto».