ru24.pro
World News
Сентябрь
2024

Il sacilese Zardini coach di lingua veneta nell’ultima pellicola di Gianni Amelio

0

Nell’ultimo film di Gianni Amelio, “Campo di battaglia”, nelle sale dopo la bella accoglienza alla Mostra del Cinema di Venezia, i due protagonisti maschili parlano in sacilese. Alessandro Borghi e Gabriel Mantesi hanno sepolto la loro parlata romanesco-laziale sotto la musicale cantilena della città più “veneta” del Friuli Venezia Giulia.

Il loro coach, infatti, prima e per tutta la durata delle riprese, è stato Michelangelo Zardini, giovane Sacilese, che racconta: «Quando mi hanno chiesto di “insegnare” a parlare con accento veneto a Borghi e Montesi, io naturalmente li ho guidati attraverso le sonorità e la cadenza del mio dialetto». Michelangelo da anni vive e studia a Roma, impegnato a far fruttare una vocazione emersa tardivamente dopo la laurea in Lingue, conseguita a Ca’Foscari.

Ha studiato per tre anni recitazione, ma l’esperienza sul set di “Campo di battaglia” lo ha radicato nella scelta maturata negli ultimi tempi: scrivere per il cinema.

Racconta: «Come si legge nei titoli di coda il mio ruolo è stato quello di dialogue coach, ma anche di assistente alla sceneggiatura. Una figura, questa, che raramente viene impiegata nella lavorazione di un film, ma che Gianni Amelio ha voluto al suo fianco per confrontarsi ogni giorno sulla sceneggiatura e sulla sua trasposizione sul set. Amelio si affida al proprio intuito, se vede che chi gli sta di fronte ha dentro qualcosa, se lo tira vicino.

Mi ha detto: “Tu hai qualcosa da dire” e mi ha praticamente scaraventato vicino ai monitor, così, da un momento all’altro. Avevo una paura folle, ma non volevo tirarmi indietro e, alla fine, ho capito che è proprio questa la mia strada: scrivere sceneggiature».

Zardini compare anche nella scena iniziale del film, vestendo i panni di un soldato su un camion di feriti arrivati dal fronte – siamo negli ultimi mesi della prima guerra mondiale – e pronuncia la sua battuta rivolto a un altro soldato che parla in dialetto meridionale: «Non si capiva niente, ma si capiva tutto».

Da ottobre a Natale il giovane “maestro” di veneto è passato da una location all’altra: dal Trentino al Friuli dove si è girato a Udine, Gorizia, Cormons, Villa Manin, Illegio e Venzone, luogo amato dal cinema di ieri e di oggi, visto che proprio Venzone fa da sfondo anche al capolavoro di Vidor, “Addio alle armi”, film del 1957 con Rock Hudson e Jennifer Jones.

È sempre rimasto al fianco degli attori che interpretavano due medici schierati su fronti opposti rispetto alle idee di cura e di malato, ma anche di guerra, di patria, di vita.

«Stavo tutto il tempo con le cuffie in testa – prosegue Michelangelo Zardini – pronto a correggere un accento sbagliato, un’inflessione non convincente.

Con Borghi e Mantesi si è creato un bel rapporto: credo di essere stato utile se, durante la presentazione del film in una sala di Roma, mi hanno chiamato in mezzo a loro sul palco. Una grande emozione sentirsi parte di una troupe e di vedere riconosciuta pubblicamente la qualità del proprio lavoro».

© RIPRODUZIONE RISERVATA