Bandiere della Ferrari sui Pili in piazza Unità a Trieste: curiosità, fascino e polemiche
Due enormi bandiere: cavallino rampante in campo giallo. I drappi sventolavano così sui pili di piazza Unità per tutta la giornata di ieri, testimoni del raduno Ferrari Cavalcade Classiche 2024, il cui tour si è concluso a Trieste, promuovendo il marchio modenese e facendo storcere il naso a più di qualcuno. Nella Trieste dell’overtourism e dei chioschi ammassati in centro, in piazza si notavano sì molti sguardi ammirati per quelle auto da sogno tirate a lucido, ma pure espressioni di curiosità e fastidio davanti al salotto cittadino trasformato in gigantesco scenario promozionale.
I Pili della Vittoria, come sono chiamati per ricordare l’arrivo dell’Italia dopo la Prima guerra mondiale, sono il più delle volte privi di bandiere o altrimenti abituati a portare al cielo il tricolore dell’Italia e l’alabarda della città, in festività e occasioni importanti. Una concessione al lezioso avviene sotto Natale, quando il Comune ci appende l’ormai classica stella cometa. Ma ieri la piazza era delle Ferrari e dell’evento per selezionatissimi clienti possessori di mezzi storici.
Mentre nel palazzo della Regione si adocchiava il via vai di appassionati venuti a vedere la Coppa Davis di tennis, le protagoniste erano le macchine: sessanta creature del Cavallino sbarcate sulle Rive verso le cinque, dopo una gara di regolarità di 700 chilometri partita due giorni prima da Gorizia e conclusa tra Slovenia e Carso, con tappe per farsi ammirare in molti centri del Friuli.
Curiosi di tutte le età non si sono fatti attendere, calamitati in gran numero fino a sera dal rombo e dalla bellezza del design italiano: dalla 125S del 1947 alle più recenti supercar. Le auto sono rimaste esposte nella lussuosa piazza-garage, teatro di un corto pubblicitario arricchito dai bandieroni gialli a garrire nel vento.
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Non tutti hanno gradito. I Pili della Vittoria sono una presenza quasi centenaria, elemento iconico di piazza Unità e simbolo dell’eredità legata alle battaglie irredentiste. Sono lì dal 1933 ed erano lì nel 1954, per il secondo ritorno all’Italia. Li aveva voluti Mussolini, come dimostrano i fasci littori istoriati alla base. Ma al di là del ribollire dei sentimenti patrii di varia tendenza, le bandiere pubblicitarie sono state viste con fastidio (da passanti in piazza e sui social) anche da chi comincia a vedere il lato negativo del turismo di massa e della città bon bon.
A polemizzare è il senatore di Fdi Roberto Menia: «Sui Pili della Vittoria, dedicati a tricolore e alabarda, sotto cui morì Francesco Paglia nella rivolta del ’53, trovo le bandiere della Ferrari. Con tutta la simpatia per il Cavallino, è uno schifo. La bandiera è la bandiera». —