Boscaiolo morì sul lavoro, assolto il titolare
La morte del boscaiolo Pietro Fanfoni non ha colpevoli. Nel processo tris, la Corte d’Appello di Venezia ha assolto l’impresario boschivo Gianvittore Zucco con formula piena perché il fatto non sussiste.
L’omicidio colposo del 10 aprile 2015, in un bosco di Villiago, era ormai prescritto, ma il difensore Luciano Perco ha rinunciato a una sentenza di non doversi procedere, andando alla ricerca di un’assoluzione nel merito, dopo che la Corte di Cassazione aveva annullato con rinvio la condanna pronunciata in primo e secondo grado a un anno e quattro mesi e al versamento di un anticipo sul risarcimento danni alla famiglia.
Questo significa che la madre di Fanfoni dovrà restituire i soldi che il Tribunale di Belluno le aveva accordato e anche le spese legali anticipate. Una somma di oltre 20 mila euro. Quanto all’Inail, non potrà rivalersi su Zucco per i 400 mila euro già erogati. I familiari si erano costituiti parte civile con gli avvocati Roberta Resenterra e Ferdinando Coppa e puntavano al ripristino della sentenza di primo grado e al ristoro economico completo.
Venerdì il procuratore generale per primo aveva chiesto l’assoluzione con formula piena, che è stata effettivamente pronunciata, Il caso si chiude con questa soluzione. dopo due passaggi in Cassazione e tre in Corte d’Appello. In tutto, sei dibattimenti.
Nell’aprile di nove anni fa, in quel bosco nel territorio di Sedico, l’impresa di Zucco stava lavorando in subappalto e, durante le operazioni di esbosco, Fanfoni è stato colpito alla testa e al torace da un ramo di carpino lungo tredici metri e pesante fra i 50 e i 60 chili, caduto da un’altezza tra gli otto e i nove metri. L’uomo, che aveva cominciato a lavorare in nero proprio quella mattina e non poteva essere assicurato, ha perso la vita, all’ospedale San Martino di Belluno, per le conseguenze delle gravi ferite riportate.
Le indagini della Procura avevano portato a processo il datore di lavoro. Perco ha sempre sostenuto nessun addebito poteva essergli rivolto, perché aveva dato corrette disposizioni operative ai dipendenti e in particolare, nel caso di una pianta precedentemente tagliata, fosse rimasta impigliata nell’altra, la prima avrebbe dovuto essere agganciata dal trattore e trascinata via. Solo in una seconda fase, se opportuno, la seconda pianta poteva essere abbattuta.
Insomma, non c’era alcun nesso causale tra la sua condotta e la morte del 49enne di Sedico, nel reparto di Neurochirurgia. La causa è stata un’emorragia interna provocata da un forte impatto tra il collo e la nuca, secondo il medico legale Antonello Cirnelli.
Mentre per le parti civili la colpa specifica potrebbe anche non esserci, ma quella generica senz’altro. La Corte veneziana ha assolto con formula piena.