Berrettini: “L’atmosfera della Davis fa venir fuori la miglior versione di me”
Come potremmo definire il Berrettini che si è presentato in conferenza stampa dopo la vittoria contro Botic Van De Zandschulp? Raggiante potrebbe essere la parola giusta, perché mentre nei giorni scorsi il suo sorriso ci raccontava anche delle sue preoccupazioni e del suo senso di scampato pericolo, oggi traspariva solo una grande felicità. Nonostante la partita contro il numero due olandese non sia stata affatto semplice e l’abbia visto più volte sull’orlo del baratro.
Matteo come state vivendo questa sorta di competizione interna in vista delle finals di Malaga?
E’ una bella competizione che serve a tutti noi per dare il meglio di noi stessi. Anche se penso che un nome sia già in lista (ride, ndr), se lo merita per quello che ha fatto in questa stagione. Personalmente ho usato questi mesi per cercare di mettermi alla prova e di essere la miglior versione di me stesso. E quando non gioco cerco comunque di dare il mio supporto dalla panchina proprio perché questo vuol dire essere squadra. Avrete visto come Flavio (Cobolli, ndr) viveva da fuori gli ultimi punti del mio match. Questo è uno dei segreti di questa squadra, assieme ovviamente al grande lavoro che ci sta dietro: allenatori, dottori, fisio e mental coach. Ci fanno sentire a casa e ci regalano anche la possibilità di prenderci, quando serve, un momento di pausa perché il calendario è molto molto intenso.
Che cosa ti porti dietro da questa settimana bolognese? E quali saranno i tuoi prossimi appuntamenti?
Giocherò a Tokyo e Shanghai, poi vedremo. Al momento sono iscritto a Stoccolma, Vienna e Parigi. Cosa mi porto via? Tanta consapevolezza di aver dato tutto per questa maglia. Mi porto via la soddisfazione di sapere che la squadra crede in me e anche tanta fiducia in me. Devo infatti riconoscere che in questi ultimi mesi ho fatto un ottimo lavoro con il mio team perché era tutt’altro che scontato che io tornassi a vincere.
Nel primo set sei stato molto falloso e anche nel secondo facevi molta fatica a tenere il servizio. C’è stato un momento in cui hai seriamente pensato di poter perdere?
Sono d’accordo con te nel senso che sentivo che facevo più fatica di lui a tenere il servizio e che in risposta non riuscivo a fare male come avrei voluto. Però so anche che spesso le partite si decidono su pochi punti. E allora mi attacco al mio servizio e aspetto l’occasione che prima o poi capiterà di sicuro perché è fisiologico. Tutto sta a vedere se sei pronto a cogliere l’occasione. Sulla sua seconda ho cambiato la posizione di risposta e gli ho creato qualche pensiero in più. Nel terzo set si è poi invertita un po’ la tendenza anche se mi sono complicato la vita quando ho preso quel break che avrebbe potuto riaprire tutto. Ma Vincenzo (Santopadre, ndr) lo diceva sempre: una partita è come a braccio di ferro. Anche se giochi male stai lì perché casomai capita che l’altro si stanchi proprio perché sta spingendo tanto.
Mi è sembrato che tu abbia fatto un po’ di fatica a rete, sia oggi che nel resto della settimana. C’è stato un motivo tecnico?
Guarda, rientrando negli spogliatoi ho detto proprio questo ad Alessandro Bega e cioè che a rete ci ero andato ma avevo anche perso tanti punti. E lui mi ha detto che non importava perché era la cosa giusta da fare. Comunque l’olandese si muoveva molto bene e ha messo in mostra un’alta qualità di passanti. Nonostante questo il mio tennis richiede che io giochi in questo modo, al di là delle percentuali e del momento contingente.