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Сентябрь
2024

La mappa cerebrale dell'orgasmo

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All’Università di Padova si studia l’orgasmo femminile grazie alla partecipazione «attiva» di decine di volontarie. L’obiettivo è tracciare una mappa cerebrale poco conosciuto. E le sue ricadute in altri campi della medicina.

Padova non è solo la città degli affreschi di Giotto e della Basilica di Sant’Antonio. A oriente, lontano dai riflettori turistici, c’è un’altra Padova, quella dell’università. Qui, tra palazzi moderni e una piazza che brulica di studenti, si trova il dipartimento di Psicologia della socializzazione e dello sviluppo, una delle realtà più frequentate. Ed è proprio in queste aule che nasce il «Padova Sex Lab», un laboratorio di ricerca multidisciplinare che esplora tutte le sfumature della sessualità femminile. A capo di questa rivoluzione ci sono il professor Jeff Kiesner e la dottoranda Celeste Bittoni, che coordinano un gruppo di 20 ricercatrici. L’obiettivo? Abbattere i tabù e portare la scienza là dove la morale spesso si ferma. Nella stanze del Sex Lab si cerca così di rispondere a domande come queste: cos’è esattamente un orgasmo? A che frequenza suona nel nostro cervello la «melodia del piacere» sessuale? Come cambia il desiderio sessuale durante il ciclo o negli stati depressivi? «Sono nato nel Minnesota, uno Stato dalla mentalità chiusa» racconta Kiesner, seduto alla sua scrivania tappezzata di appunti. «I miei genitori allevavano cavalli e già trovavano imbarazzante raccontare che il loro figlio studiava il ciclo mestruale. Quando poi ho detto loro che mi stavo dedicando alla risposta sessuale femminile, erano ancora più a disagio. Non ho mai avuto il coraggio di menzionare il recente studio sull’orgasmo...». Tutto ciò non sorprende se consideriamo che il celebre dipinto di Gustave Courbet L’origine del mondo, che ritrae in primo piano i genitali femminili, è rimasto censurato per più di un secolo prima di essere esposto al Museo d’Orsay nel 1995; o che la rappresentazione della clitoride sia ancora introvabile nei libri medici di anatomia.

Una porta blu si apre sul cuore operativo del Padova Sex Lab, un ambiente dove tecnologia e multimedialità potenziano l’efficacia di esperimenti e studi. Ma il vero «centro di ricerca» è itinerante, chiuso in una valigia arancione che contiene gli strumenti per i test: un vibratore bluetooth, un’asta da microfono, un elettroencefalogramma, amplificatori, disinfettanti e preservativi. Sì, perché il laboratorio si sposta nelle case delle volontarie: ragazze comuni pronte a «donare» gratuitamente un proprio orgasmo alla ricerca. Le oscillazioni ritmiche cerebrali registrate possono infatti svelare molto sulle varie disfunzioni sessuali che interessano il 45 per cento delle donne, come riporta il caposaldo del settore, l’Encyclopédie Médico Chirurgicale. Nella nostra società, in cui si moltiplica il sesso in tutte le sue forme, è scioccante constatare che una donna su 10 non raggiunge mai il piacere durante il corso della sua vita (fonte, Manuale diagnostico statistico dei disturbi mentali). Del resto, già nel 1979, la rocker Gianna Nannini aveva paragonato, in una sua celebre canzone, l’orgasmo al raggiungimento dell’America. Oggi, quasi 40 anni dopo, il Padova Sex Lab ne ha fatto il fulcro delle sue indagini scientifiche. «Ho iniziato a occuparmi di sessualità durante il lockdown, quando Celeste mi ha conquistato con le sue idee» spiega Kiesner. «All’epoca, mi sembrava di non avere niente da offrirle. Non solo io, ma nessun neuroscienziato in Europa lavorava in quel campo. Eppure, è una disciplina che suscita grande interesse fra il pubblico. Le persone cercano di risolvere i loro problemi sessuali consultando il “dottor Google”, non trovando altre fonti affidabili».

Bittoni sorride, e aggiunge: «Kiesner è stato il mio faro. Grazie a lui e alle altre ricercatrici, che si sono unite al progetto, voglio colmare questo gap scientifico». Con determinazione e caparbietà, caratteristiche che le hanno fatto vincere il prestigioso premio dell’International Society for Sexual Medicine (ISSM), Bittoni è riuscita a reclutare molte volontarie per gli esperimenti: «Attraverso un costante lavoro di sensibilizzazione su Instagram, oltre 100 ragazze hanno risposto alla chiamata». Il campione esaminato doveva avere meno di 35 anni, non usare contraccettivi o altri farmaci. È il caso di Alice, 24enne, studentessa, che ha completato il questionario di screening ed è stata contattata per la prima intervista: «Ho scoperto l’esistenza del Padova Sex Lab durante una conferenza pubblica tenuta da Kiesner e dalle ricercatrici del lab. Era gremita di giovani, seduti anche per terra. E in quel momento ho deciso che avrei partecipato anche io». Dalla teoria alla pratica.Il giorno dell’esperimento, il campanello suona alle 19 a casa di Alice. Tre ricercatrici entrano portando con sé una valigia arancione piena di strumenti. Scherzano per mettere a proprio agio la giovane. Nella camera da letto, posizionano l’asta alla cui estremità è fissato il vibratore e lo rivestono con un preservativo. Poi sistemano sulla testa di Alice la cuffia elettroencefalografica, da cui dipartono 64 elettrodi, e le consegnano un pulsante rosso che lei dovrà premere tre volte: quando sente che l’orgasmo sta arrivando, al suo picco, e al termine. Alice ora è sola e può iniziare il suo viaggio nella «masturbazione passiva», seguendo i vari passaggi. Inspira ed espira profondamente, chiude gli occhi. Sa che tutti gli impulsi elettrici delle diverse aree del suo cervello sono inviati a una macchina che li traduce in un tracciato. Per eccitarsi, guarda per alcuni minuti un video erotico di sua scelta. Avvicina il vibratore alla vulva, ma non può toccarsi. Tutto deve rimanere immobile, tranne il suo bacino. Ogni altro movimento potrebbe alterare gli impulsi cerebrali...

Quarantacinque minuti più tardi, il campanello suona di nuovo. Le ricercatrici tornano per smontare il set scientifico e discutere con Alice le sue sensazioni. Il risultato? L’attività elettrica del cervello è stata disegnata sul tracciato, che mostra anche i momenti in cui Alice ha premuto il pulsante rosso. Ora sarà scomposto nelle varie frequenze da un fisico specializzato. L’analisi porterà a capire alcuni misteri del cervello. Per esempio, se esiste davvero un collegamento tra piacere e dolore. Le aree cerebrali legate alle due sensazioni in parte corrispondono e sono interconnesse: sembrano condividere la stessa strada nervosa. «Ci sono evidenze che il piacere sessuale innalza la soglia del dolore del 70-100 per cento. Questo potrebbe aprire nuove prospettive. L’attitudine comune è curare il dolore diminuendone l’intensità. Ma se si potesse diminuirlo aumentando il piacere?». Aggiunge Bittoni: «La mia ricerca non può restare confinata in questa università, ma deve diventare virale» afferma la dottoranda, che per migliorare le tecniche di comunicazione ha frequentato un corso di Phd Storytelling Lab organizzato dall’Università di Bologna in collaborazione con l’Unione giornalisti scientifici italiani. Bittoni tiene a sottolineare che il suo progetto è stato reso possibile grazie anche all’aiuto di Alessandra Simonelli, direttrice del Dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione, che ha sostenuto il team con le risorse dell’ateneo padovano.