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LeTs ora è realtà: apre il Museo della letteratura e degli scrittori a Trieste

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Ed eccoli finalmente riuniti gli scrittori triestini, tutti assieme nel nuovo Museo LeTs, inaugurato giovedì mattina. Dall’iniziatore Slataper giù a perdifiato fino a Covacich, passando per i mostri sacri (occorre ricordare che sono Svevo e Saba?) in una squadra stellare in cui sfilano stranieri come Joyce, professori di scuola come Stuparich e Pahor, impiegati come Mattioni, irregolari come Roveredo, signore come la Pittoni, ragazzine d’antan come la Tamaro, sradicati come Tomizza, e si potrebbe continuare a lungo.

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Una bella “clapa”

Proprio una bella clapa, verrebbe da dire sposando l’espressione dialettale con la quale Claudio Magris (ovviamente c’è anche lui) ha indicato il gruppo di amici, studiosi e intellettuali che affollava l’auditorium del museo Revoltella per i saluti, i ringraziamenti e quant’altro fa parte dei convenevoli rituali di un vernissage. Che in questo caso riguardava la tanto sospirata, è il caso di dirlo, visto che doveva essere inaugurata nella scorsa primavera, e poi di nuovo stoppata a causa di infiltrazioni d’acqua, casa della letteratura triestina, nei locali al piano terra di Palazzo Biserini in piazza Hortis.

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Magris ha tenuto a battesimo il museo da par suo. Messa da parte «per motivi di salute» l’ufficialità di una relazione, ha offerto parole di elogio per il neonato museo («è una piccola perla che arricchisce la nostra città»), ha accarezzato i ricordi di una vita («si pensa alla letteratura triestina come frontiera, quella frontiera che faceva parte del mio mondo che sentivo racchiuso tra il mare e il monte Nevoso»), ha ricordato Marisa Madieri e attraverso di lei quella letteratura istriana che è diventata suo malgrado un’altra frontiera.

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Le parole del direttore

L’importanza della clapa, del gruppo, l’ha ribadita anche Riccardo Cepach, direttore del Museo, che ha detto come gli scrittori triestini che LeTs presenta al pubblico attraverso i loro libri, gli oggetti loro appartenuti, le pagine dei manoscritti sfogliabili in versione multimediale, anche se non hanno mai dato vita a correnti unitarie, sono stati legati da una fitta trama di relazioni. Di amicizia, certo, ma anche, perché no, di inimicizia. Gente che si frequentava molto e si conosceva troppo e finiva col guardarsi un po’ in cagnesco, come aveva già capito Montale quando aveva chiesto: «A Trieste vi odiate sempre tanto?».

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Non solo cose del passato

Cose del passato? Insomma: a ideare il nome LeTs – Letteratura Trieste, scelto per contenere la rassegna degli scrittori che hanno contribuito a fare di Trieste un’autentica “città di carta”, sono stati Christian Sinicco e Roberto Cescon, che però lamentano di non essere stati invitati alla cerimonia di inaugurazione da quel Comune che ha voluto il museo e lo ha realizzato (spendendo mezzo milione di euro, col contributo della Regione Fvg), avvalendosi di un folto gruppo di collaboratori, dai funzionari comunali del settore Educazione e famiglia al servizio Biblioteche.

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L’esilio della biblioteca

Breve trasferimento in piazza Hortis ed eccoci nel contenitore storico della Biblioteca civica, che aspetta da quasi vent’anni di ritornare dall’esilio e di riappropriarsi degli spazi per le sue collezioni librarie. Questa era la casa di Svevo, che vi si rinchiudeva a leggere e studiare in pace per eludere i rimproveri di un padre rigoroso che aveva la testa solo per gli affari e attribuiva poca importanza alla cultura.

Come una wunderkammer

Si entra nei 500 metri quadrati di LeTs e sembra di entrare in una wunderkammer. L’allestimento dell’architetto Lorenzo Greppi, che colpisce subito per il colore rosso della sala di ingresso, propone al visitatore un percorso labirintico. Sulla destra si è accolti dall’immagine di James Joyce che sbuca da una edicola di giornali, preludio alla sala dedicata allo scrittore irlandese. Incontro fondamentale, stravolgente, erotico, quello tra Joyce e Trieste, come sottolinea Laura Pelaschiar, del Dipartimento di Studi umanistici dell’Università e curatrice scientifica del museo Joyce: «Senza Trieste – afferma la studiosa joyceana – non ci sarebbe stato né l’Ulisse né Finnegans Wake».

Come raccontare la letteratura

Pelaschiar e Cepach, curatori dei contenuti, hanno dovuto rispondere alla domanda: come raccontare la letteratura? Lo hanno fatto attraverso grandi metafore, l’edicola, la libreria, il cinema. La multimedialità regala la possibilità di sfogliare il manoscritto del Canzoniere sabiano e ascoltare le voci degli scrittori; un invitante lettino da psicanalista permette di stendersi e sentire alle spalle il dottor S. della “Coscienza”.

Voci, immagini, libri, tanti libri, e oggetti. Come i pacchetti di Nazionali senza filtro di Stelio o la macchina da scrivere di Pahor. Tenero l’omaggio fatto da Magris al Museo, con il suo primo libro letto, “I misteri della giungla nera”. E commovente la teca di Bobi Bazlen con le cose che aveva nella stanza d’albergo di Milano dove morì: un orologio da tavolo, un orario ferroviario, un paio di stilografiche, un pacchetto di sigarette. Con oggi il museo sarà aperto al pubblico dalle 10 alle 17 (domenica dalle 10 alle 13), giorno di chiusura il martedì.

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