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Viaggio tra le darsene di Trieste, rifugi estremi di velisti e canottieri

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La darsena, intesa come l’ormeggio per le imbarcazioni utilizzate per la pesca e da diporto, è sempre stata presente a Trieste: poi, nei secoli, questi piccoli scali si sono allontanati dal centro cittadino, complici le accresciute dimensioni delle navi e un sempre maggiore divario tra le piccole imbarcazioni per la nautica e le navi per il trasporto merci.

Oggigiorno le darsene a Trieste si presentano concentrate alle estremità della città, procedendo o verso Muggia o soprattutto verso Barcola: sebbene nel cuore cittadino permanga il porticciolo di Marina San Giusto. In generale le darsene triestine appaiono ben tenute, nonostante permanga una netta separazione dalla città: i due elementi appaiono separati, quasi che le darsene siano enclavi private nel cuore cittadino.

Non sorprende, in questo contesto, come già ai tempi della Tergeste romana esistessero approdi riparati per le navi: Domenico Rossetti, nel 1825, scriveva “dell’estremità interna di un’antica darsena” rinvenuta presso “gli avanzi dell’antico teatro romano”. In tempi più recenti Jan Morris, comparando i porti balcanici con la città, osservava che a Trieste “il dedalo medioevale di vie è ancora riconoscibile e digrada fino alla marina, secondo lo schema della darsena fortificata che si sviluppò da Tergeste e che probabilmente doveva somigliare a quella di Ragusa (Dubrovnik), sebbene meno imponente”.

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La maggiore traccia di questa darsena pre moderna rimane nella toponomastica: il Mandracchio (dal greco Mandrakion, “piccolo recinto”) era il porticciolo presente al posto dell’odierna piazza dell’Unità d’Italia, all’altezza di via del Teatro.

La funzione di protezione passò poi nell’Ottocento al molo Fratelli Bandiera e, nonostante successivi interramenti, il ruolo di porticciolo per la nautica è tutt’oggi sopravvissuto. In questo contesto, passando dalla barca alla Iole, lo sguardo si appunta sulla vicina struttura del pontile Istria. A partire dall’ultimo quarto dell’Ottocento si verificò una compresenza, tutt’oggi esistente, tra le associazioni di nautica da diporto e di canottaggio; un coesistere poi infittitosi quando, dagli anni Cinquanta del Novecento, Trieste divenne sede di tante associazioni nautiche istriane, fiumane e dalmate.

Lo scenario che si presentava, fino alla seconda guerra mondiale, era di una molteplicità di sedi galleggianti dove le diverse associazioni di canottaggio tenevano le proprie imbarcazioni, allargandosi ad avere, oltre agli spogliatoi, un bar o un locale ricreativo. Erano strutture che, come i preesistenti “bagni galleggianti” della Trieste asburgica, si erano rivelati vulnerabili alle mareggiate e all’usura marina. La Società Ginnastica Triestina fu tra le prime anche in questo campo: già nel 1864 la Sgt acquisiva una barca “agli esercizi ginnastici e al remo” e stipulava un accordo per utilizzare gli spogliatoi e l’attracco del Bagno Maria, una piattaforma galleggiante ancorata al largo di fronte alla chiesa greco-ortodossa e al Tergesteo. Simili vicende connotarono anche il Rowing Club Triestino, oggigiorno Canottieri Trieste: non a caso il presidente fondatore Camillo Picciola era stato socio della Sgt nei decenni precedenti. Canottieri Trieste ebbe nel 1896 quale sede un trabaccolo presso il molo Fratelli Bandiera; poi un capannone presso l’identico molo e infine una canottiera galleggiante.

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Fu il socio (e geometra) della Canottieri Trieste Silvio Erné a progettare, insieme all’architetto Umberto Nordio, il pontile Istria negli anni Cinquanta del Novecento. E il progetto, dall’essere un semplice pontile su cui costruire una sede in muratura, crebbe in dimensioni quando si associarono anche la Sgt, la Canottieri Adria e la Società Triestina della Vela. L’Adria era a sua volta un’associazione antica che, nata nell’omonimo Hotel nel 1877, aveva riunito tre società nautiche triestine: la Carlotta, la Meteor e la Themis. Il nucleo sociale era tedesco, anzi amburghese: derivava infatti a propria volta da una costola dell’Hamburger Ruderclub (1844), nato a Trieste per affratellare i canottieri e velisti amburghesi di fede evangelica augustana. Anche l’Adria, quando si stilarono i primi piani per il Pontile Istria, collaborò col socio ing. F. Rizzi che inserì per la propria sede un salone pavimentato con lastre di marmo. In quest’ambito non sorprende come pure l’ultimo tassello, cioè la Filonautica triestina del 1923, oggigiorno la Triestina della Vela, avesse avuto una sede galleggiante. Si pensò anche, nelle prime fasi, di connettere tra loro le diverse sedi galleggianti, preferendo infine costruire ex novo un pontile. Fu determinante, in questo contesto, il finanziamento del colonnello americano Sten, capo del Dipartimento Lavori Pubblici del Governo militare alleato. Le nuove sedi, riunite in un unico luogo, furono inaugurate collettivamente il 22 gennaio 1956.

Il pontile Istria dialoga, a breve distanza, con lo Yacht Club Adriaco: l’edificio, risalente al 1925, rientra in un ecosistema di imbarcazioni da diporto con un’origine comune, risalente a fine ottocento. Il club nacque infatti quale costola della Società delle Regate; lo sviluppo della vela permise, negli anni Venti, il recupero della “casetta rossa” un tempo sede della Sanità portuale.

Occorre spostarsi però verso Barcola onde rinvenire darsene di una certa importanza, specie per il diporto e il canottaggio. La prima struttura di questo genere, su tre piani, venne costruita nel 1963 sotto la guida di Francesco Dapiran: si tratta dell’associazione Saturnia che, dopo un primo inizio col nome di Eintracht presso Sacchetta, si era spostata alla foce del torrente Bovedo nel 1880, divenendo la R. K. Hansa. Durante la seconda guerra mondiale la Saturnia fu aiutata dall’associazione Società Canottieri Nettuno, non a caso poco distante: la sede tutt’oggi risale all’edificio costruito a inizio Novecento dall’imprenditore Alessandro Cesare, finanziatore dello stabilimento balneare Excelsior e del vicino castelletto neogotico. Tedesca l’associazione Saturnia e italiana, se non proprio irredentista, la Nettuno nata a propria volta da una filiazione del Rowing Club Triestino.

La baia di Sistiana completa, al di fuori delle strutture moderne quali Porto Piccolo, il quadro delle vecchie darsene: vi si ritrova infatti il porticciolo contornato dall’edificio sede del Club Nautico Pietas Julia. Nato a Pola, nel 1886, il Club recuperava un sentimento italiano evidente dal nome latino che, sopravvissuto alla Grande Guerra, conobbe un rinnovato esilio dopo il secondo conflitto mondiale. Risale al 1961, grazie al presidente Guido Bernetti, l’odierna collocazione in un edificio un tempo proprietà del vicino principe Raimondo di Torre e Tasso. In precedenza, nel 1948, si era anche tentato di avere una sede a Marina Nuova di Panzano.