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I 91 anni di Nicola Pietrangeli, tra difesa dei suoi tempi e ammirazione per i nuovi campioni azzurri

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Nicola Pietrangeli taglia mercoledì 11 settembre il traguardo dei novantuno anni, essendo nato a Tunisi nel 1933. Grandissimo talento tennistico e atletico, Nick ha vinto per due volte il Roland Garros nel 1959 e nel 1960, perdendo in finale nel 1961 e tre anni dopo, sempre con Manuel Santana; a Wimbledon nel 1960 ha portato al quinto set in semifinale Rod Laver, cedendo per 6-4 nel parziale decisivo. Nel suo Palmarès troviamo anche un titolo di doppio misto nel 1958 (con l’inglese Shirley Bloomer) e uno di doppio nel 1959 (con Sirola), sempre a Parigi. Impossibile non citare tra i suoi allori i tre successi a Montecarlo (1961, ’67 e ’68), i due a Roma (1957 e 1961) e i sette “scudetti” italiani. Nicola è anche l’unico tennista azzurro nella Hall Of Fame, onore che condivide con Gianni Clerici.

Si ritira in singolare nel 1974 e gioca in doppio sino agli US Open del 1977 in coppia con Adriano Panatta, quando è già capitano di Coppa Davis e con il campione romano e Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli ha vinto l’anno precedente il trofeo nella famosissima sfida di Santiago del Cile.

Nonostante si sia ritirato da cinquant’anni, Pietrangeli è uno degli ex-sportivi più popolari di tutto il panorama agonistico italiano; il merito di questa notorietà va indiscutibilmente riconosciuto, oltre che al sicuro spessore della sua classe senza tempo e all’importanza dei traguardi raggiunti, anche alla sua straordinaria personalità e alla capacità di far parlare di sé, di essere il miglior sponsor della sua persona.

Tra le caratteristiche del personaggio sicuramente una indolenza quasi pari al suo talento, più volte tratteggiata dal suo collega e amico Gianni Clerici, che nel suo “500 anni di tennis” dedica ampio spazio al campione, ricordando anche di quando indulgeva in feste notturne a poche ore (teoricamente di sonno) da un incontro importante.

Più volte “accusato” di aver vinto troppo poco per il talento su cui poteva contare, Pietrangeli si è difeso dicendo in sostanza di aver vissuto la vita che aveva sempre sognato, senza mai diventare schiavo del tennis; più o meno la medesima argomentazione di Adriano Panatta, suo avversario-erede e anche amico, nonostante una polemica intermittente tra i due, spesso silente e ogni tanto ravvivata da qualche estemporanea dichiarazione, di solito del più anziano tra i due.

Con la crescita della popolarità del tennis grazie alla “generazione di fenomeni” (definizione mutuata dalla pallavolo) di cui Sinner è il capo carismatico, Pietrangeli è più volte infatti intervenuto, cercando di comparare i giocatori di oggi a sé stesso e le competizioni odierne a quelle del suo tempo, sovente con fare benignamente assolutorio verso i protagonisti della sua epoca.

Il suo difendere a spada tratta i propri traguardi gli ha attirato non poche critiche ed è forse sembrato uno strenuo tentativo di tenere in vita un ricordo che potrebbe offuscarsi con le vittorie di Jannik e compagni, che intanto hanno già vinto la Coppa Davis. Nick non ha paura di questo, anche perché non ha mai nascosto l’ammirazione per tutti i nuovi eroi del nostro tennis, non disconoscendone mai il valore e l’impegno in campo e in allenamento, non di rado superiore al suo (ma lui conferma e ci ride su). Lo scorso anno ebbe una grande festa per i novanta anni a Bologna durante la Davis, cui anche quest’anno non manca di presenziare. Speriamo sia imminente una replica.

Allora buon compleanno Nick, grande e indimenticabile campione di un’era completamente diversa dello sport e presenza fondamentale del Pantheon tennistico di noi appassionati tricolori.