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La libertà secondo Zelensky

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Nonostante il suo mandato sia scaduto, la data delle elezioni è rinviata, a Kiev decide tutto lui, Zelensky, chiuso in una specie di bunker e circondato da un pugno di uomini. È questa la democrazia per cui noi europei ci stiamo svenando?

«Si tratta di scegliere tra libertà e aria condizionata» disse nell’estate del 2022 l’allora premier Mario Draghi. L’ex governatore della Banca centrale europea sottolineava che il prezzo da pagare per impedire che Vladimir Putin soffocasse la democrazia in Ucraina era l’alto costo dell’energia, in conseguenza del blocco delle importazioni di gas russo deciso dalla Ue. In due anni di guerra, la ragione degli aiuti a Kiev è sempre stata la difesa della libertà e da ultimo ne ha parlato Tony Blair, in un’intervista al Corriere della Sera, dicendo che la democrazia alla fine trionferà sull’uomo forte. Ovviamente me lo auguro, anche se vedendo ciò che sta succedendo in Donbass non si ha la sensazione che Mosca stia per essere sconfitta, semmai il contrario. Nonostante gli sforzi dell’esercito ucraino e il sostegno dei Paesi occidentali, Putin non molla la presa, continuando a mandare al macello migliaia di giovani.

Tuttavia, che lo zar del Cremlino non sia un fine democratico ormai credo sia chiaro a tutti, anche a coloro che fino a qualche anno fa correvano a baciargli la pantofola, nella speranza di aprire canali commerciali con la Russia e di ottenere in cambio forniture di gas e petrolio a basso prezzo. Ma se Putin si è rivelato un dittatore, cosa di cui personalmente avevo la certezza fin dagli assassini di Alexander Litvinenko e di Anna Politkovskaja, siamo sicuri che Volodymyr Zelensky sia un altrettanto fine democratico? Cioè, per tornare alla frase di Mario Draghi, siamo certi che l’ex comico combatta per la libertà come la intendiamo noi? È una domanda che mi frulla in testa da giorni, cioè da quando ho letto delle nuove purghe a Kiev. Con questo termine, purghe, nell’Unione sovietica si definiva la rimosione de gli oppositori scomodi, fatti sparire nei gulag o in una fossa comune.

Ovviamente in Ucraina non si rischia di finire davanti al plotone di esecuzione, tuttavia la rimozione piuttosto frequente di una serie di figure importanti dell’establishment dà sempre di più la sensazione che Zelensky sia un uomo solo al comando e che il suo regime - perché di regime si tratta, anche se dettato da una situazione d’emergenza dovuta alla guerra - non sia poi molto diverso da quelli totalitari, dove la libertà è condizionata dai voleri e dagli umori del capo supremo. Che per quanto martoriata da oltre due anni di conflitto quella ucraina sembri qualcosa di diverso dalle democrazie occidentali pare essersene accorta anche la grande stampa e perfino un pezzo d’Europa. Infatti, a seguito dell’ultimo giro di poltrone, sui giornali sono comparse le prime perplessità e a Bruxelles qualcuno ha alzato il sopracciglio. «Così Zelensky accentra il potere. Una decisione che accorcia la catena di comando» ha scritto il Corriere. «Saltano i politici troppo popolari» ha aggiunto Repubblica. Già, più che dalla necessità di allontanare ministri corrotti o inefficienti, quella di Zelensky sembra la mossa dettata da qualcuno che vede insidiato il proprio potere e mentre il Paese va alla deriva, sotto i colpi dell’artiglieria russa, sceglie di asserragliarsi nel proprio Palazzo, insieme ai fedelissimi.

Dopo aver cacciato il capo di Stato maggiore, il generale Valeriy Zaluzhny perché considerato troppo indipendente e amato dai soldati e dall’opinione pubblica, è stato allontanato pure il ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba e insieme a lui hanno dovuto fare le valigie il ministro per l’Industria Olexander Kamyshin, il vicepremier Iryna Vereshchuk, più una serie di sottoposti e funzionari, come il capo dell’Energia. Perché tutte queste dimissioni? Secondo quel che ammette perfino la stampa «amica», che non ha mai tentennato sulla necessità di armare e difendere l’Ucraina, Zelensky in due anni di guerra ha saputo eliminare via via tutti i possibili concorrenti. «Ha cominciato con i partiti politici, ha proseguito con gli oligarchi per poi passare ai militari più in vista e chiudere con i collaboratori tentennanti».

Con la legge marziale è stata messa fuori gioco l’opposizione, punendo con il carcere le dichiarazioni ritenute contrarie all’interesse nazionale. Gli uomini più ricchi e più influenti del Paese, se non sono finiti agli arresti, sono stati ridotti al silenzio con la minaccia di finirvi. E quanti, anche tra gli alti vertici dell’Esercito, si sono dimostrati disposti a una trattativa, o sono stati spediti all’estero o sono stati accusati di corruzione, come l’ex ministro della Difesa, Oleksij Reznikov. Risultato, nonostante il suo mandato sia scaduto, la data delle elezioni è rinviata a data da destinarsi e a Kiev decide tutto lui, Zelensky, chiuso in una specie di bunker e circondato da un pugno di uomini. È questa la democrazia per cui noi europei ci stiamo svenando? È questa la libertà per cui Draghi ci chiedeva di rinunciare all’aria condizionata (e pure al riscaldamento)?