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Addio a Giorgio Maini, una vita con il Pci: da operaio a sindaco di Pavia

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PVIA. È morto in ospedale a Stradella poco più di due settimane dopo aver compiuto 80 anni: Giorgio Maini era nato il giorno dopo Ferragosto del 1944 a Santa Maria della Versa e a soli 14 anni si era iscritto al Partito comunista. E il Pci era diventato in qualche modo la sua famiglia: ci era cresciuto dentro trasformandosi da operaio a dirigente politico. Fino a diventare, nel 1980, sindaco di Pavia.

Il primo sindaco “rosso”

«Il primo sindaco comunista di Pavia dopo la Liberazione», scriveva l’Unità alla vigilia della ratifica in Consiglio comunale della sua elezione, l’8 settembre del 1980. «Il compagno Maini – proseguiva l’organo ufficiale del partito comunista italiano – è chiamato a presiedere la giunta di sinistra composta da Pci,Psi e Psdi».

Una virata a sinistra dopo l’esperienza del primo centrosinistra pavese con sindaco Elio Veltri. Maini non aveva ancora 35 anni, era segretario delle federazione provinciale del Pci da cinque ed era entrato in Consiglio comunale nel 1970. Nel 1984, alla fine del primo mandato, era stato Maini ad accogliere a Pavia papa Giovanni Paolo II in visita pastorale. Rieletto, sarebbe rimasto sindaco fino al 1986, lasciando a metà del secondo mandato la carica di sindaco al collega di partito Pierangelo Giovannolla.

Dal partito all’azienda

Lasciato il Mezzabarba Maini è rimasto ai vertici provinciali del Pci, ma ha scelto di non inseguire altri incarichi, in Regione o in Parlamento. Anzi, ha fatto una scelta che, per un funzionario di partito in quegli anni, era tutt’altro che scontata: si è rimesso in gioco andando a lavorare in una società di leasing immobiliare. Senza però abbandonare la passione politica coniugata, a partire dalla fine degli anni Ottanta da amministratore di un centro dell’hinterland di Pavia. Eletto consigliere comunale a San Martino Siccomario, qui è stato anche assessore dal 1988 al 1993. A San Martino è rimasto in consiglio comunale anche dal 2001 al 2009, come rappresentante di una lista civica.

Dopo l’esperienza in Consiglio a San Martino ha continuato a seguire le vicende del partito seguendone le trasformazioni dalla svolta della Bolognina in poi: quindi il Pds prima e il Pd poi passando per la stagione dell’Ulivo.

Una vita da dirigente

«Maini è stato il capo di un’organizzazione politica enorme – ricorda Nicola Adavastro, oggi avvocato, giovane militante del Pci quando Maini era al vertice del partito provinciale –. È stato probabilmente l’ultimo segretario di un partito che era una società dentro la società. Alla fine degli anni Settanta il Pci aveva 12 sezioni a Pavia città con 1.500 iscritti. In provincia i tesserati erano 15mila. Maini gestiva questa enorme macchina senza autorità ma sempre con autorevolezza: non ricordo di averlo sentito alzare la voce. I suoi punti di forza erano una straordinaria acutezza politica che gli consentiva di cogliere ogni aspetto di una vicenda prima degli altri. E poi una grandissima capacità di sintesi unita alla capacità di semplificare anche questioni molto complesse. Questo mix gli consentiva di comunicare con la stessa chiarezza sia agli intellettuali che agli operai».