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Matteo Berrettini pronto al rientro in Coppa Davis: “Orgoglioso di quello che ho fatto per tornare”

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L’anno scorso Matteo Berrettini era a Bologna con la squadra di Davis, giunta alla fase finale della competizione poi vinta, ma non nelle vesti che sperava. Con la caviglia dolorante Berrettini fu costretto al forfait anche a Malaga, dove comunque si rese utile come uomo squadra dalla panchina.

L‘anno prima, nel 2022, perse da acciaccato il doppio con Fabio Fognini, mandando il Canada in finale. Ma adesso, per l’edizione 2024, Matteo si dice “prontissimo” a difendere nuovamente i colori azzurri. Il romano torna in campo per la sfida con il Brasile, dove oggi affronterà Joao Fonseca nel primo singolare. “Sono orgoglioso di quello che ho fatto per tornare. Fino a pochi mesi fa non ero neppure sicuro di essere di nuovo competitivo, e poi con tutti i giocatori forti che ha lItalia, essere convocato non era affatto scontato” ha detto intervistato da La Stampa.

La rinascita avvenne un anno fa, con i tre titoli vinti a Marrakech, Gstaad e Kitzbuhel: lì scattò qualcosa. “Non ho deciso io di riaccendere la luce, è stata la luce che a un certo punto si è riaccesa. Quello che ho fatto io è stato ancora una volta di non mollare, nel senso di smettere di nuotare e farsi portare dalla corrente. Merito di chi ho accanto, e dei cambiamenti che ho avuto il coraggio di fare nel team, dico coraggio perché i risultati erano stato buoni in passato”.

Poi arriva quell’epilogo, la Davis che torna 47 anni dopo. “Mi vengono i brividi a pensarci. Quando Jannik ha battuto De Minaur a Malaga lho abbracciato, gli ho detto che si era caricato l`Italia sulle spalle e ci aveva portato alla vittoria. Lui mi ha risposto “questa coppa voglio vincerla anche con te in campo”. Nei momenti difficili, con la mia memoria da elefante mi sono ricordato di quelle parole. E sono ripartito a testa bassa. Ora per raggiungerlo in squadra, poi vedremo”.

Su Sinner e il suo recente successo a New York

Matteo si sofferma anche sulla recente vittoria di Sinner a New York, e la fragilità che ha mostrato dopo la finale, quella di un ragazzo che si sente solo in cima al mondo. “Jannik è un ragazzo molto, molto maturo, e queste cose credo le abbia sempre pensate. Ma serve anche tempo per tirarle fuori ed esprimerle. Non dimentichiamoci che Jan è del 2001, io alla sua età chissà cosa stavo facendo… Però credo che anche quest`ultimo periodo di difficoltà lo abbia fatto crescere, che abbia capito che ci sono cose che vanno al di là della pallina da tennis. Che, per carità, è importante, è il nostro lavoro, ma non è tutto. Ed è bello che lui lo esterni così. Tirare fuori le emozioni, quando si è un leader, è ancora più importante”.

E’ importante far sentire la vicinanza alle persone che vuoi bene, specie in momenti come quello. “Non bisognava tanto aiutarlo. Tennisticamente tutto quello che toccava diventava oro. Nei mesi precedenti la notizia della positività gli avevo visto mettere meno gioia in quello che faceva, in partita e negli allenamenti. Noi tennisti viviamo chiusi nella nostra bolla, ci sono cose di cui, anche giustamente, uno non vuole parlare. Quando la notizia è diventata pubblica ho cercato di stargli vicino, con discrezione, come fanno gli amici. Sono felice che abbia dimostrato ancora una volta di essere mentalmente un extraterrestre”.

Su giovane tennista romano Cobolli

A Bologna debutta un altro romano, il suo amico Cobolli.Fa strano, in questi giorni abbiamo ricordato di quando io andavo a casa sua a mangiare: giocavamo alla play, e lui perdeva sempre. Suo padre Stefano mi ha allenato all`Aniene. A volte ci si dimentica di quegli anni, quando eravamo fanciulli. Partire da lì e arrivare a rappresentare la nazione in Davis è un cerchio che si chiude”.