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Сентябрь
2024

Biasutti, l’architetto di Friuli Doc: «Il nome lo inventò una bambina»

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UDINE. Alle origini di Friuli Doc, con Guglielmo Biasutti, la mente (fu lui a concepire il sottotitolo “Vini, vivande, vicende, vedute”) e, soprattutto, il cuore di una manifestazione che quest’anno giunge alla sua trentesima edizione.

Era la fine del 1993: all’epoca Biasutti, oggi 88enne, lavorava per l’Ente sviluppo artigianato e, quando ormai mancavano poche settimane al traguardo della pensione, ricevette l’incarico di partecipare alla Commissione voluta dal sindaco Claudio Mussato per organizzare una manifestazione che richiamasse l’interesse prima di tutto dei friulani, ma anche dei turisti.

Come cominciò l’avventura di Friuli Doc?

«Di questa commissione facevano parte i rappresentanti di numerosi enti, i componenti erano 25. Il lavoro organizzativo entrò nel vivo all’inizio del ’95».

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Chi inventò il nome della manifestazione?

«Una bambina, la figlia di una funzionaria comunale che sedeva in commissione. Lei ci riferì cosa aveva detto la ragazzina e noi accogliemmo la proposta con entusiasmo. Mentre il sottotitolo “Vini, vivande, vicende vedute” l’ho pensato io che apprezzo i tautogrammi, componimenti in cui tutte le parole hanno la stessa lettera iniziale. Così volevamo spiegare l’essenza dell’evento, chiarendo l’indirizzo dato dal sindaco Mussato e confermato dal suo successore, Enzo Barazza».

Perchè si decise di proporre l’evento in autunno?

«Portai quattro proposte per altrettante manifestazioni, una per ogni stagione e ognuna in un posto diverso della città. La commissione scelse la proposta autunnale, anche per richiamare la “Festa dell’uva” che si faceva nel periodo compreso tra le due guerre mondiali».

La prima edizione si fece a ottobre, poi fu anticipata a settembre. Il motivo?

«Dapprima si scelse ottobre perchè i rappresentanti del mondo del vino non volevano sovrapporla al periodo della vendemmia, in settembre. Ma poi a ottobre pioveva troppo e, dopo qualche anno, si decise di anticipare l’evento, così come l’inaugurazione: non più di venerdì, ma già il giovedì pomeriggio. Infatti l’allestimento delle strutture era complesso e costoso e quindi andava sfruttato un po’ di più».

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Lei non ha perso un’inaugurazione. Come è cambiata nel tempo la kermesse?

«È cambiata, ma secondo me non sempre ha saputo trasformarsi per mostrare il vero volto del Friuli e non solo l’aspetto enogastronomico. Non condivido, infatti, quando qualcuno la definisce una grande festa enogastronomica. Non è una sagra. Non si tratta solo di vendere prosciutto oppure frico, bensì di mostrare le bellezze di Udine e del Friuli, valorizzando cultura e tradizioni. Ciò rappresenta l’essenza di Friuli doc».

Quest’essenza è sempre stata rispettata?

«Spesso, quando leggo in qualche articolo di giornale che si vuole “tornare alle origini”, non sono del tutto convinto che chi parla abbia chiare le intenzioni di chi ideò l’evento. Inizialmente si voleva soprattutto far conoscere il territorio».

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Qualche esempio?

«Sno felice che quest’anno in piazza XX Settembre sarà presentato tutto il Sandanielese, con le sue meraviglie, i suoi tesori culturali e che non ci si limiti a proporre il prosciutto. Altro esempio, Buja: a Friuli Doc, a mio parere, non basta vendere le bistecche. Perchè non parlare del Museo della medaglia e dei suoi artisti? Ancora: il Comune ha detto che ci sarà il pesce fresco di Marano, ma l’importante sarebbe anche presentare la riserva naturale, la laguna e il paese . Insomma, deve essere il Comune a dare direttive e indicazioni in questo senso alle Pro loco».

Sono stati fatti errori?

«Sì, alcuni grossi errori, secondo me, sono stati fatti. Mi riferisco, ad esempio, ai palchi. Perchè montarne uno così grande – per l’inaugurazione – da offuscare la loggia di San Giovanni? E quest’anno ne hanno annunciati anche altri per fare concerti e spettacoli di richiamo. Ma le persone che vengono per questi concerti non sono le stesse interessate a scoprire, che so, le bellezze della Carnia o la tipicità di un’antica osteria. Mescolare così tanto le due cose è sbagliato».

L’intrattenimento ha sempre caratterizzato Friuli Doc...

«Sì, ma un tempo erano artisti che si esibivano nei locali storici, che portavano la gente a conoscere il capoluogo friulano e non lo distraevano. Con questo non voglio dire che si debbano suonare solo villotte, ma che anche l’intrattenimento va pensato in un’ottica di valorizzazione delle tipicità locali e di rispetto della natura della manifestazione».

Qual è il punto di forza di Friuli Doc?

«Il successo dell’evento è legato soprattutto al fatto che la gente, che per tutto l’anno è presa da mille cose, tra casa e lavoro, ha finalmente la possibilità di ritrovarsi, di chiacchierare, magari di fronte a un buon piatto e un bicchiere».