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Сентябрь
2024

Monfalcone senza cricket: scende in campo la Federazione italiana

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MONFALCONE. Non si può seriamente pensare che la BBC lanci una notizia e questa resti relegata tra quattro amici al bar, più o meno interessati all’argomento. Infatti non è accaduto così, nel recente reportage edito online dall’emittente pubblica inglese, dove Monfalcone – stando al titolo – è «La città che ha bandito il cricket». E lo può serenamente testimoniare Fabio Marabini: dopo quel servizio, assicura, è stato infatti subissato da messaggi di colleghi e sportivi da mezza Europa. Marabini è il presidente della Federazione italiana cricket, organismo che segue da anni, pure col predecessore Simone Gambino, il caso locale, più volte salito alla ribalta della cronaca. E tornando sull’argomento – non solo via social con un post che allude all’importanza della «sensibilità delle istituzioni», ma pure nella figura del suo numero uno – la Federazione sgombera il campo da fraintendimenti: è disposta a spendersi per la causa «firmando qualsivoglia concessione su terreni demaniali o comunali», facendosi «garante di un progetto d’impianto», per la cui concretezza è disposta a investire quattrini.

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Cisint e Calligaris: Lega sotto attacco

Dichiarazioni nette, dunque. Che arrivano lo stesso giorno in cui l’eurodeputata Anna Cisint dirama alle agenzie la nota con cui parla di «Lega sotto attacco» («Sono stata accusata, falsamente, d’aver messo al bando quello sport a Monfalcone, solo per tacciarmi di razzismo e delegittimare la mia azione politica a tutela della comunità e dei nostri valori») e il collega del Carroccio Antonio Calligaris le fa da sponda biasimando il centrosinistra di avviare la campagna elettorale sul cricket.

Marabini: terreni ce ne sono

Intanto Marabini, che per motivi professionali conosce bene Monfalcone, argomenta: «Terreni ce ne sono, è solo questione di sensibilità e volontà politica. Proviamo a vedere se esiste qualche impianto dismesso, come è accaduto col nuovo campo di Varano, ad Ancona». Lì la concessione è stata firmata tra Comune e Federazione e ha convertito il terreno da calcio in meno di un anno, a favore delle decine di squadre della zona. L’ha rilanciato sui social: «Quando il desiderio di trovar soluzioni ai problemi del territorio incontra la sensibilità delle istituzioni il buon senso prevale, gli investimenti sono possibili e si costruiscono storie di successo». E se non c’è un impianto, si può cercare un’area agricola («Non un parco pubblico dove ci si aggrappa alla storia che la pallina fa male, quando i bengalesi spesso fanno le partitelle avvolgendo quella da tennis con lo schotch): «È un problema fare una variante?», chiede Marabini? Per il presidente non si può prescindere dal fatto che «queste persone stanno in Italia e svolgono un lavoro che gli italiani non vogliono più fare». Marabini quindi butta lì un’altra idea: «Perché i giocatori bengalesi non possono usare d’estate l’impianto del calcio di Panzano, vicino alla fabbrica?». Il cricket, riporta, è il secondo sport più giocato al mondo e sarà disciplina olimpica, sicché «queste persone devono avere il diritto e la dignità di un campo»: «Non esistono sport della tradizione in Italia, sono tutti più o meno di derivazione anglosassone». Per l’allenamento, basta una rete e una striscia di 25 metri per quattro: se si vuole, dice lui, «si può fare».

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Disciplina che “arreca disturbo”

E ora la palla passa a Calligaris: «Ovunque, nei parchi, dovrebbe essere vietato praticare discipline che possano arrecare disturbo o danni alle altre persone. A Bolzano, nel 2017, il sindaco dem Renzo Caramaschi vietò lo sport tanto caro a Bullian dopo che una palla impazzita colpì un bambino di due anni affacciato sul terrazzo di casa, a cento metri dal battitore». «Se si usa il buonsenso e non l’ideologia – arringa – questi divieti hanno senso. Il caso cricket, ora, viene rispolverato e cavalcato dalla sinistra per portare avanti la solita azione del consigliere regionale del Patto che già nel 2023 cercava di proporre in assestamento emendamenti per finanziare con soldi pubblici i campi da cricket e arrivava a chiedere, in maniera abbastanza squallida, d’inserire la disciplina tra gli sport inclusivi. Invece riservati a persone con disabilità e alla competizione tra atleti con e senza deficit. Bullian pensava, forse, di dare risorse al cricket equiparando chi è diversamente abile con la comunità bengalese»