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Сентябрь
2024

Da Spadolini ad Alessandro Giuli, al Ministero della Cultura non è consentito improvvisare

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Il primo fu Giovanni Spadolini, importante esponente della prima Repubblica, ad essere nominato ministro dei Beni Culturali e Ambientali, anzi ebbi la fortuna e l’onore di avere in anticipo la notizia del nuovo dicastero dallo stesso esponente del PRI, durante un suo viaggio a Torino. Ero poco più che maggiorenne e consigliere giovanile di Italia Nostra, Associazione che lui conosceva bene, quando venne a trovarci nella sede che condividevamo con la Spaba (Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti) e con la casa, ora Museo, di Carlo Mollino: in quell’occasione annunciò che era in procinto di dare vita a quello che sarebbe dovuto diventare il Ministero per la tutela del nostro più grande patrimonio, il patrimonio storico ed architettonico.

Timidamente e sommessamente mi permisi di suggerire che sarebbe stato auspicabile anche aggiungere l’ambiente, in continuità con le Leggi Bottai del 1939, la 1089 per i Monumenti e la 1497 per il Paesaggio. Scoprii dopo, quando venne istituito questo Ministero nel 1975 (anno in cui nacque Alessandro Giuli), e Spadolini ne divenne il responsabile, che si tenne conto dell’osservazione di una ragazzina.

Per decenni, sino al governo Draghi nel 2021, il Ministero ha mantenuto questa dizione sino a quando un’improvvida riforma ne cancellò di colpo la giusta originaria denominazione, per diventare il solo “Cultura”, accezione troppo ampia e generica per una nazione come l’Italia, che ha nel suo patrimonio storico architettonico e nel paesaggio, la sua forza, la sua grandezza, di fatto una vera potenza mondiale e anche economica.

In un breve lasso di tempo, nel 2013, è stato aggiunto il Turismo, e la denominazione divenne Mibact: personalmente lo trovavo giusto perché il turismo culturale è una voce importante nel nostro Pil – una voce sempre in crescita ed anche i numeri di questa stagione sono esaltanti – ma va gestita con saggezza perché la fruizione e gestione dei siti culturali non risulti compromessa da un turismo invadente.

Non solo ma in un campo, come ho scritto più volte (vedi qui, qui e molti altri post) dove l’Italia è stata Maestra nell’indicare la via corretta alla Tutela con esponenti quali Brandi, Giovannoni, Forni, dando poi vita all’Istituto Centrale di Restauro, non sono consentite improvvisazioni. In questo settore dove ci vuole preparazione, passione e dove la filiera della conoscenza, tutela e valorizzazione è lunghissima, tanto che anche la ideazione e preparazione di un evento richiedono la stessa cultura, sensibilità di uno storico o di un architetto esperto di restauri.

Nelle inaugurazioni degli edifici da me recuperati, leggo testi specifici e mi reco in biblioteche a consultare incunaboli sia per il giusto allestimento e persino per il rinfresco.
Non è esattamente come organizzare un’inaugurazione di una boutique, o come organizzare un matrimonio come molti wedding planner, alcuni con discutibile gusto, fanno o pretendono di fare in un museo. Ci vuole sensibilità, senso della misura, sapersi adeguare al contesto, insomma occorre studiare il luogo con saggezza per non scendere nel grottesco o pittoresco.

Spero solo che il G7 della Cultura a Napoli e Pompei non ci riservi sorprese, se non quelle di nuovi rinvenimenti, perché la vetrina del sito archeologico più importante del mondo, è sempre nell’attenzione ed allo studio di tutti gli stranieri per la sua storia e incomparabile bellezza.

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