Snapchat ha gli stessi “problemi” di Telegram?
Le accuse sono (in parte) simili, ma oltre al tema della moderazione dei contenuti, si fa riferimento anche dal design di un’app che sembrerebbe adatta alla diffusione e condivisione di materiale pedopornografico. Nei giorni scorsi, il procuratore generale del New Mexico ha intentato una causa contro la piattaforma Snapchat e – di fatto – alcuni dei temi al centro dell’inchiesta sembrano rendere l’app molto simile a Telegram. In particolare, ci si concentra sui risultati di un’indagine del Dipartimento di Giustizia dello Stato americano – durata oltre due mesi – in cui sarebbero emerse condotte illecite da parte di alcuni utenti, senza una corretta moderazione da parte della piattaforma.
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Come spiega il Washington Post, le accuse sono molto gravi e nella maggior parte dei casi si punta il dito contro una delle caratteristiche che hanno reso celebre la piattaforma: i messaggi effimeri. Questo sistema (ovvero quei contenuti inviati tra gli utenti che spariscono dopo la prima visualizzazione), infatti, sarebbe un terreno fecondo per quegli adulti che contattano utenti minorenni in cerca di scambio – anche dopo pagamento – di immagini intime e a sfondo sessuale. Non a caso, nella causa intentata dal procuratore generale del New Mexico contro Snapchat, non si usano mezzi termini per raccontare la situazione:
«Non riuscendo a prevenire, identificare o proteggere nemmeno i bambini piccoli sulla sua piattaforma, Snapchat li ha presentati all’equivalente di uno spettacolo per soli adulti di cui non erano solo il pubblico inappropriato, ma spesso l’oggetto principale».
Ma come si è arrivati a questa conclusione? Il Dipartimento di Giustizia del New Mexico ha creato un account su Snapchat – denominato “Sexy14Heather” – che fingeva di essere proprietà di una ragazza di 14 anni attraverso immagini generate da alcuni strumenti di intelligenza artificiale.
Snapchat come Telegram? Le accuse dal New Mexico
Nonostante la “minore età” dichiarata in fase di creazione dell’account, questo profilo risultava essere tra i “raccomandati”, ricevendo moltissime richieste di contatto da parte di utenti maggiorenni. Tutti, o quasi, facevano le stesse richieste: l’invio di foto video intimi e messaggi sessualmente espliciti. Insomma, un terreno fecondo – stando ai risultati di questa indagine – per tutti i predatori sessuali a caccia di minorenni. Nella causa depositata nei giorni scorsi presso il Tribunale statale di Santa Fe, si legge:
«Le dannose caratteristiche progettuali di Snapchat creano un ambiente in cui i predatori possono facilmente prendere di mira i bambini attraverso schemi di sextortion e altre forme di abuso sessuale».
Ma c’è ancora di più. Perché – da qui il parallelismo Snapchat come Telegram -, sotto accusa c’è anche la scarsa trasparenza da parte della piattaforma nelle spiegazione di alcuni dettagli tecnici che caratterizzano l’app:
«Snapchat ha ingannato gli utenti facendo loro credere che le foto e i video inviati sulla sua piattaforma scompariranno, ma i predatori possono catturare in modo permanente questi contenuti e hanno creato un annuario virtuale di immagini sessuali di minori che vengono scambiate, vendute e conservate a tempo indeterminato».
In ultimo, ma non per importanza, dall’indagine sono risultati attivi moltissimi profili con nomi utente (e dinamiche) riconducibili a reti di pedopornografia infantile mondiali. Senza che Snapchat facesse nulla per limitarli. Stesso discorso, secondo l’accusa, riguarda anche il traffico di armi e di sostanze stupefacenti.
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