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Сентябрь
2024

La fuga dei giovani talenti e il valore degli studenti stranieri nelle Università

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Il dibattito sulla fuga dei giovani talenti aperto dalla recente ricerca della Fondazione Nord Est ha il merito di aver sollevato un tema decisivo per il futuro di quest’area.

Tuttavia, guardando anche a quanto avviene in tutte le economie avanzate, il problema per l’Italia non riguarda tanto la scelta dei giovani di fare esperienze all’estero – processo che li arricchisce di nuove conoscenze, competenze e relazioni – quanto semmai la scarsa capacità di farli rientrare e, soprattutto, di attirare capitale umano qualificato dall’esterno.

Un aspetto finora sottovalutato riguarda il ruolo che le Università possono svolgere nell’intercettare quel “dono globale dei talenti” costituito dagli studenti internazionali. Nel mondo si stima ci siano più di sei milioni di studenti che hanno scelto università in paesi diversi da quelli di origine.

Con 70 mila studenti stranieri registrati nel 2021, l’Italia riesce a intercettare una frazione davvero modesta di questo capitale umano in formazione, molto inferiore a quanto riescono a fare non solo i Paesi anglofoni, dove affluisce la metà degli studenti internazionali, ma anche Germania (380 mila), Francia (260 mila), Olanda (135 mila) oltre a Spagna e Austria (più di 80 mila).

Tutti questi Paesi hanno un saldo attivo tra entrate e uscite, mentre l’Italia è l’unico tra i grandi Paesi industriali a pagare un pesante passivo. Ci sono perciò ampi margini di miglioramento. Anche perché, a ben vedere, le caratteristiche degli studenti internazionali assomigliano molto a quelle di una ideale politica migratoria, che dovrebbe favorire quanto più possibile flussi qualificati, regolari e ordinati.

Chi si iscrive all’università deve infatti possedere almeno un titolo di diploma riconosciuto, se poi si iscrive a un master o a un dottorato, il titolo è la laurea. L’immatricolazione da parte di studenti extracomunitari richiede poi un visto di ingresso, rilasciato da ambasciate o consolati italiani, che effettuano perciò un primo controllo sui profili dei giovani richiedenti.

Infine, l’accoglienza non costituisce quasi mai un problema, in quanto la soluzione abitativa viene di norma trovata contestualmente alla decisione di iscriversi, e anche i giovani provenienti da Paesi in via di sviluppo hanno spesso alle spalle famiglie con capacità economiche in grado di sostenere l’avvio degli studi all’estero. Allo stesso tempo, l’immediato inserimento in un percorso educativo facilita enormemente il processo di integrazione.

Tuttavia, oltre ad attirare pochi studenti internazionali, non riusciamo poi a trattenerli quando finiscono il loro corso di studi: a cinque anni dall’entrata nel nostro Paese solo il 15% degli studenti stranieri è ancora presente, mentre in Germania si ferma il 60%. È evidente che qui manca un collegamento tra università, imprese e istituzioni, che invece dovrebbe essere la chiave di volta della politica di attrazione dei talenti.

Un incentivo potrebbe essere fornito anche dalla disponibilità di borse di studio messe a disposizione dai Paesi di accoglienza, attingendo anche ai fondi governativi riservati agli aiuti allo sviluppo. La Germania stanzia a tal fine 1,8 miliardi l’anno e la Francia un miliardo. L’Italia riserva appena 45 milioni di euro per borse a studenti internazionali che si iscrivono alle nostre università.

Se aggiungiamo la scarsità per alloggi agli studenti fuori sede e la carenza di servizi pubblici e privati dedicati a studenti stranieri, si può capire perché siamo così indietro rispetto ad altri paesi.

Per accrescere l’attrattività internazionale delle università italiane non servono perciò solo azioni dall’alto. Atenei e attori locali hanno in realtà ampi margini di iniziativa per costruire percorsi di accoglienza, integrazione, inserimento lavorativo e sviluppo imprenditoriale per gli studenti internazionali. Alla fine, questa politica non riguarda tanto l’immigrazione, bensì il rilancio di una strategia di crescita economica basata sull’innovazione e l’apertura internazionale.