Femminicidio di Giada Zanola, le benzodiazepine nel sangue e l’analisi delle telecamere: nuove prove contro il compagno
Il controllo di una telecamera sull’autostrada A4 ha permesso agli investigatori di ricostruire gli attimi precedenti e successivi alla morte di Giada Zanola, la donna e madre di un bambino di 3 anni volata giù da un cavalcavia dell’autostrada nella zona di Vigonza, in provincia di Padova, e poi travolta da un camion la notte dello scorso 29 maggio. Nel corpo della vittima, sono state trovate anche tracce di benzodiazepine, un elemento che avvalora l’ipotesi di omicidio con l’aggravante della premeditazione.
I video analizzati dagli inquirenti, coordinati dal capo della Mobile Carlo Pagano, mostrano una Ford C Max arrivare sul cavalcavia – sulla carreggiata della A4 nella zona di Vigonza, nel padovano – attorno alle 3 di notte, con a bordo la vittima e il compagno Andrea Favero, arrestato con l’accusa di omicidio volontario aggravato. Il traffico sotto al cavalcavia è regolare per poi diminuire in maniera considerevole – vista anche l’ora tarda. Le telecamere registrano anche alcuni secondi di traffico assente, con la macchina ancora sul cavalcavia. Nel momento in cui la circolazione riprende, la C Max si allontana, ma Giada è già precipitata ed è stata già investita. Secondo gli inquirenti, scrive Repubblica, si tratta di una prova cruciale. Chi decide di suicidarsi, è il ragionamento, non aspetta che la strada sia vuota. Anzi, semmai aspetta un momento in cui ci sia traffico. Per questo i video con i movimenti della C Max incastrerebbero Favero: c’era lui sul cavalcavia ed è lui ad averla gettata di sotto, è l’accusa della Procura.
Non solo, a corroborare la tesi del pm di Padova Giorgio Falcone, anche i risultati dell’autopsia. Nel sangue di Giada sono state trovate tracce di benzodiazepine, non presenti, invece, nel corpo del compagno. Il fascicolo per omicidio volontario aggravato potrebbe includere anche la premeditazione. Infatti, Favero stesso aveva confermato di fare uso di benzodiazepine per curare disturbi del sonno, cosa che farebbe pensare ad un tentativo di stordire la compagna – che, invece, non ne faceva uso – prima di ucciderla. Altre ricerche e indagini dovranno chiarire l’assenza di sostanze nel sangue di Favero, che è attualmente detenuto in carcere.
Nelle prime ore dopo la morte di Giada si era pensato ad un suicidio. Favero aveva poi confessato il femminicidio raccontando di averla buttata dal cavalcavia assieme alla sua borsa a seguito di una lite, salvo poi ritrattare tutto di fronte al suo avvocato e raccontare anche di essere stato colpito da un vuoto di memoria. Durante le indagini erano presto emersi i dettagli delle enormi difficoltà tra i due. In alcuni scambi Whatsapp con un’amica, la 34enne aveva raccontato di voler troncare la relazione, di aver trovato un nuovo fidanzato e di avere, per questo motivo, fatto saltare il matrimonio con il camionista 36enne. Dai messaggi e dalle confidenze all’amica, poi, erano trapelati anche dettagli molto più gravi e inquietanti: “Ho vomitato, ho perso conoscenza per un giorno e mezzo, mi è successo dopo aver bevuto un cocktail che mi ha fatto Andrea”, aveva scritto, aggiungendo anche il timore di essere stata violentata dall’uomo, che cercava un secondo figlio, da incosciente.
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