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Superjet, fiato sospeso. Si cerca un escamotage per salvare i lavoratori

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Tempi stretti per evitare la liquidazione della Superjet. Se infatti entro il 31 ottobre non arriverà il via libera del Comitato di sicurezza finanziaria (Csf) all’acquisto del 90% delle quote ex russe e ora gestite dal Demanio da parte del fondo emiratino Markab Capital, c’è il serio pericolo che l’azienda sia costretta a portare i libri in tribunale.

Ma l’incertezza sul futuro dell’azienda è strettamente legata e addirittura provocata proprio dalla delicatezza del dossier. Un dossier che, inevitabilmente, mette insieme questioni sindacali e attinenti al futuro dei lavoratori dello stabilimento di Tessera e delle loro competenze, insieme con equilibri di politica internazionale.

Non a caso, proprio intorno alla metà di agosto lo stesso comitato di sicurezza finanziaria ha chiesto l’integrazione di documenti alla Superjet relativamente alla cessione delle quote al fondo degli Emirati. Le integrazioni sono già state inviate a Roma e sono ora in fase di valutazione. Una valutazione che dovrà essere effettuata tenendo in considerazione i paletti dell’Europa.

Non va infatti dimenticato che dopo l’invasione russa dell’Ucraina il 90% delle quote riconducibili alla Russia è stato congelato e affidato al Demanio che ha costituito un nuovo Cda (amministratore delegato è un manager di lungo corso nel settore aeronautico come Camillo Perfido) e ha costruito un piano di rilancio che coinvolge il fondo guidato da Abdullah Al Qubaisi pronto a investire nei prossimi anni fino a 500 milioni di euro, tra investimenti in conto capitale e garanzie bancarie, con l’obiettivo di arrivare a 450 dipendenti.

L’azienda è nata nel 2007 come joint-venture tra Russia (che realizzava le carlinghe in Siberia) e Italia (che allestiva gli aerei nello stabilimento di Tessera e li commercializzava) e in particolare tra Aermacchi-Finmeccanica (poi Leonardo, che detiene ancora il 10% delle quote) e Sukhoi (poi United aircraft corporation).

Il motivo dello stallo attuale è legato alla normativa europea tarata sul congelamento di beni immobili e non di quote societarie.

La via d’uscita sarebbe questa: sbloccare le quote il tempo necessario per farle acquistare dagli emiratini (che così entrerebbero a pieno titolo in Superjet) e congelare il controvalore che spetterebbe a Mosca. Una soluzione che permetterebbe di salvare Superjet senza agevolare i russi.

Certo è che i tempi sono stretti. I lavoratori, insieme alle sigle sindacali a partire dalla Fim, restano con il fiato sospeso. In questi ultimi mesi l’attenzione dei rappresentanti politici nazionali del territorio, a partire dal senatore Raffaele Speranzon (Fratelli d’Italia) non è mai mancata: più d’uno infatti sono stati gli incontri con i vertici dell’azienda.

Ma per il momento, la politica resta alla finestra in attesa di capire quali saranno le valutazioni da parte dell’Europa.

Solo in un secondo momento, si potrà entrare nel vivo della concertazione. Sia nel caso in cui la cessione vada a buon fine, sia nel caso contrario. Se dovesse realizzarsi il primo scenario, bisognerà capire se e come la produzione continuerà sul territorio o se invece esista il rischio di una delocalizzazione.

Se dovesse invece malauguratamente realizzarsi il secondo scenario, inizierebbe la corsa per garantire soluzioni per il futuro dei lavoratori e per salvaguardare le loro competenze. Ad oggi infatti sono 120 lavoratori del polo di Tessera.

A inizio del mese di luglio, sulla vicenda era stata presentata un’interrogazione da parte di Andrea Martella, senatore e segretario regionale del Pd. «Nei prossimi giorni con nuovi atti parlamentari chiederò al governo di prendere urgentemente le decisioni attese da oltre un anno dai lavoratori e dal territorio», spiega Martella, «il tempo per definire l’eventuale passaggio è ormai agli sgoccioli. Ci saremmo aspettati una maggiore proattività da parte del Mef».