David Gilmour incanta ancora in Luck and strange
Una volta consegnato per sempre il brand Pink Floyd alla storia, David Gilmour ha lasciato che a parlare fossero i suoi album solisti rilasciati senza alcuna fretta. Nel 2006 On an island, nel 2015 Rattle that lock e ora Luck and strange, un disco pregevole e sorprendente, in buona parte nato nei mesi del lockdown tra le mura della casa di famiglia a Wisborough Green, nel Sussex. Testi, come sempre, a cura della moglie Polly Samson.
Dire che il legame sonoro con i PInk Floyd si sia interrotto del tutto non è vero e, soprattutto, non sarebbe possibile. Il suono della chitarra è quello che si trova in abbondanza nella discografia del gruppo, ma questo non significa che Luck and Strange sia un disco derivativo. Anzi.
Si parte con la breve e strumentale Black Cat che introduce la title track, un potente blues con accenni psichedelici, un pezzo splendido che parla della generazione a cui appartiene Gilmour e che emoziona ancor più quando si avverte il tocco alle tastiere di Richard Wright, scomparso nel 2008 poco dopo aver registrato le sue parti nel brano, allora solo strumentale. Il resto lo fa il "solo" di chitarra, ennesima gemma del buon vecchio David.
The piper's call ha una linea melodica tanto bella quanto avvolgente, una ballad mid time raffinata e con un refrain memorabile, tra interventi d'orchestra e momenti corali incisi nella Ely Cathedral di Cambridge. Fondamentale l'apporto ritmico di uno dei più grandi batteristi di tutti i tempi: Steve Gadd. La successiva Single Spark è il pezzo più sperimentale tra cori, suggestioni del passato e sonorità contemporanee mai presenti prima nei suoi dischi solisti. A chiudere, l'ennesimo ispirato assolo della sua carriera.
Vita brevis, è uno strumentale in cui la chitarra di Gilmour si intreccia con l'arpa della figlia Romany, voce solista della successiva Between two points, riuscita cover di un brano di fine anni Novanta del duo pop The Montgolfier Brothers. Nel finale, come sempre, la magia della sei corde, un marchio di fabbrica di cui non ci si stanca mai.
Un lampo di prog rock 70's inaugura Dark and Velvet NIghts, uno dei suoi pezzi solisti meglio riusciti di sempre. Oscuro, graffiante, intenso, avrebbe sicuramente trovato posto negli album dei Pink Floyd senza Roger Waters (A momentary lapse of reason e The Division Bell).
A chiudere, ancora due canzoni bellissime, Signs, onirica e malinconica, un pezzo che parla di distacco dalla vita, e che viaggia attraverso un gioco di echi e rimandi che richiamano alla memoria tutta la sua storia musicale. Non da meno Scattered, il capolavoro di Luck and strange, un pezzo che è un'onda emozionale unica, con il battito del cuore di floydiana memoria, in cui Gilmour splende ancora più del solito con il contributo di Roger Eno al pianoforte e di Steve Gadd alla batteria. Un colpo di genio impreziosito ancora una volta dalla straordinaria verve solista dell'uomo che parla con la chitarra. Chapeau!