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Sulle Alpi Giulie i ghiacciai stanno scomparendo: ecco quali sono le conseguenze

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«Se il riscaldamento globale proseguirà a questi ritmi, il 90% dei ghiacciai dell’intero arco alpino è destinato a scomparire entro la fine del secolo». Non un allarme né tanto meno uno scenario apocalittico, ma una certezza – in assenza di cambiamenti – già confermata dai modelli matematici, “gemelli digitali” della realtà che sta vivendo il pianeta.

A confermarlo Valter Maggi, presidente del Comitato glaciologico italiano, compagno di viaggio di Legambiente nella Carovana dei ghiacciai, che nei giorni scorsi ha toccato Canin, Montasio e Triglav, nelle Alpi slovene, penultima tappa di un tour che nei prossimi giorni si concluderà sulla Marmolada.

FILM DEL FUTURO

Ma sono proprio le Alpi Giulie, a causa delle loro basse altitudini, l’osservatorio che lancia i segnali più inquietanti: un «film del futuro», l’ha definito ancora Maggi, a Udine con la responsabile della Carovana Vanda Bonardo, con il presidente di Legambiente Fvg Sandro Cargnelutti, il glaciologo del Cnr Renato Colucci e l’idrologo dell’università di Udine Federico Cazorzi, responsabili delle task force che monitorano lo stato di salute dei ghiacciai dei Canin e del Montasio.

Stato di salute per nulla incoraggiante, se si considera che il volume totale dei ghiacciai friulani, sommata a quello sloveno del Triglav, il più vicino all’estinzione, è appena il 5% di quella che si registrava a inizio secolo. Le basse quote delle nostre montagne, infatti, tolgono terreno alla ritirata dei ghiacciai, compressa in spazi sempre più ristretti.

E se le particolari condizioni orografiche e idrografiche, unite a precipitazioni nevose tuttora abbondanti sulla zona, stanno rallentando lo scioglimento di quello del Montasio, sulle pendici del Triglav e del Canin la situazione è una fotografia di quello che con l’andare degli anni succederà anche nel resto dell’arco alpino. Un film del futuro, appunto.

CAMBIA L’ECOSISTEMA

Le conseguenze, come ben si capisce, non sono soltanto di carattere paesaggistico e non riguardano unicamente il territorio montano.

Lo scioglimento troppo repentino dei ghiacciai, infatti, oltre ad aumentare il rischio di fenomeni alluvionali, toglie alle vallate e alla pianura quell’afflusso costante di acqua di cui sempre meno possono beneficiare le nostre estati, soprattutto nel resto dell’arco alpino, dove le alte quote favoriscono uno scioglimento più lento.

Ma a cambiare, come ha spiegato Bonardo, è un intero ecosistema, sconvolto dalla scomparsa di nevi e ghiacci perenni, dalla pioggia che arriva ad altitudini sempre più elevate, innalzando la linea del bosco e alterando il normale ciclo delle stagioni.

Ne stanno risentendo, ma è solo un esempio, anche i camosci del parco del Triglav, in Slovenia, perché l’erba che cresce e secca troppo presto rischia di far mancare il nutrimento dei cuccioli, in estate.

IL MANIFESTO

La carovana di Legambiente non vuole essere una finestra su una resa. Né le note del violino che hanno accompagnato la tappa sul Canin vogliono suonare come un requiem.

L’iniziativa è una chiamata a un impegno della politica e di ogni persona, a tutti i livelli, a quanto si può ancora fare per invertire la rotta.

O quantomeno per correggerla. Non soltanto un sognare il ritorno della neve in inverno, evocato da Cargnelutti, ma anche scelte concrete come quelle contenute nella road map stilata in previsione del 2025, dichiarato dall’Onu Anno internazionale dei ghiacciai.

Diverse le azioni previste, dall’avvio di un piano di monitoraggio e tutela dei ghiacciai e dalla loro biodiversità alla realizzazione di misure per gestire gli effetti dei cambiamenti climatici su ambiente e popolazioni, prevedendo inoltre azioni più specifiche di difesa dei ghiacciai, dalla protezione con teli all’estensione dei parchi e delle aree protette.

Un manifesto, al centro anche della petizione online “Una firma per i ghiacciai”, lanciata per chiedere anche al governo azioni concrete per la governance e la salvaguardia dei ghiacciai. L’obiettivo non è impossibile, ma il conto alla rovescia è partito. E non da ieri.

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