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2024

Alla Mostra del cinema di Venezia Iddu, dentro i pizzini di Matteo Messina Denaro

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Cade la pioggia sul Lido, a salutare gli ultimi giorni di Mostra del cinema di Venezia 2024, dopo una sequela di sole incontrastato. E sotto un cielo livido ecco che arriva Iddu di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, il film sulla lunga latitanza di Matteo Messina Denaro. Proprio a poche ore dalla morte della mamma del boss.

Iddu chiude il quintetto di film italiani in corsa per il Leone d’oro. Alla seconda proiezione per la stampa in Sala Grande, è stato accolto da un applauso contenuto. Noi non eravamo tra quelli che battevano le mani.

La storia vera dietro a Iddu

Matteo Messina Denaro, boss di Cosa Nostra catturato nel gennaio del 2023 in una clinica privata, morto da lì a pochi mesi per un tumore, è interpretato da Elio Germano, che si mette addosso l’accento siciliano.

I fatti che hanno ispirato Iddu si riferiscono all’anno 2004, quando il capomafia, secondo la rivista americana Forbes, era il terzo latitante più ricercato al mondo. «Con le persone che ho ucciso potrei riempirci un mio cimitero privato», si vantava il boss prima della latitanza.

Nell’autunno del 2004 iniziò il carteggio tra lui e Antonio Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano, suo paese d’origine, incaricato dai servizi segreti italiani di dar vita a una corrispondenza epistolare con il capomafia latitante, sfruttando l’antica consuetudine familiare fra l’ex primo cittadino e il padre di Matteo, il boss mafioso Francesco Messina Denaro.
Grazie allo scambio di “pizzini” tra il latitante e l’ex sindaco, gli investigatori individuarono la rete di postini che proteggevano e favorivano la latitanza del boss. La sua cattura sembrava a portata di mano ma nel 2006 la corrispondenza s’interruppe perché qualcuno interno alle indagini svelò alla stampa la collaborazione dell’ex sindaco con i servizi segreti. Messina Denaro s’inabissò nuovamente.

Il ruolo che ebbe l’ex sindaco è affidato al personaggio immaginario di Catello Palumbo, interpretato con estro da saltimbanco da Toni Servillo.

Attorno ai fatti veri, poi, c’è la fiction, che muove Iddu con fili pesanti e dialoghi artificiosi che rendono il racconto tedioso e disorientante, soprattutto quando si muove tra marescialli, appuntanti e l’agente Rita Mancuso, altro personaggio fittizio interpretato da Daniella Marra. Non si entra quasi mai, davvero, nell'intimità del boss.

Da sinistra: Toni Servillo, Fabio Grassadonia, Antonio Piazza ed Elio Germano

Chi era Matteo Messina Denaro nei suoi pizzini

Grassadonia e Piazza, entrambi siciliani, si erano fatti notare nel 2013 a Cannes con Salvo, storia poetica di mafia e solitudine. In Sicilian Ghost Story (2017) invece avevano narrato in chiave favolistica l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo: tra i responsabili del rapimento c’era Matteo Messina Denaro.

«Abbiamo cominciato a lavorare a Iddu qualche anno fa. A lungo la figura di Matteo Messina Denaro è stata sottovalutata, non si è capita la grande importanza di questo criminale quindi la ricerca non è stata approfondita», racconta il regista Grassadonia. «Poi ci siamo imbattuti nel carteggio sviluppato tra il 2004 e il 2006, in una decina di lettere, molto interessanti. Al di là delle poche righe sui suoi affari, Messina Denaro si dilungava molto su se stesso ed emergeva il ritratto di uno strano narciso. Il sindaco invece sembrava incarnare un certo tipo di maschera di commedia all’italiana. Abbiamo riconosciuto in questo epistolario il seme di una possibile storia».

Mentre il film era in produzione, è sopraggiunto l’arresto del boss. «Sono usciti più materiali e audio su di lui. Abbiamo quindi interrogato il ritratto che ne avevamo fatto con i dati che emergevano e ci siamo resi conto che il nostro affresco era abbastanza fedele. E abbiamo proseguito il lavoro».

Toni Servillo ed Elio Germano nel film "Iddu" (Credits: Giulia Parlato)

“Oggi mi ritrovo ad aver letto davvero tanto, essendo la lettura il mio passatempo preferito”, scriveva Messina Denaro nei “pizzini” attraverso cui gestiva la sua vita in clandestinità. Gli scritti spesso trascendevano la loro funzione pratica di comunicazione criminale, mostrando un certo gusto per l’uso del linguaggio e la capacità di modulare il tono e la lingua a seconda dei diversi destinatari, come si evince da Iddu.

«Messina Denaro leggeva Baudelaire, Dostoevskij. Nei suoi luoghi sono stati trovati 200 dvd tra cui Antonioni, ovviamente Coppola, Papaleo e Sex & the city», dice Piazza.
Iddu affronta lievemente anche il rapporto del boss con le donne. «Il suo rapporto con le donne lo rende una figura peculiare, perché siamo abituati a boss sposati con santini nelle tasche mentre lui non si è mai sposato. Dietro si nasconde un patriarcato patologico che non può che dare frutti malati».

Il bilancio dei film italiani in concorso a Venezia

Archiviato Iddu, presto alla prova del pubblico (arriverà nelle sale a ottobre con 01 Distribution), a Venezia 81 è finita la passerella dei cinque italiani in corsa per il Leone d’oro.

I film che ci sono piaciuti di più del quintetto? Vermiglio di Maura Delpero, che sembra aver centrato i cuori anche della stampa estera, e Queer di Luca Guadagnino, già abituato a smuovere consensi internazionali.

Tra le vette della Val di Sole, in Trentino, Vermiglio fotografa l’Italia alla fine della Seconda Guerra mondiale, tra ritualità cadenzate dalle stagioni e un pregnante naturalismo.
Queer invece è una storia d’amore, ossessione e dipendenza che, quando non si dilunga, sa essere intensa. Con Daniel Craig fragile e innamorato.

Arriveranno per loro premi? Se dovessimo fare una puntata a cuor leggero, diremmo di sì.