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Il capo dei soccorritori: «Marmolada maledetta? La responsabilità è sempre dell’uomo. Poi c’è il caso»

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La “maledizione della Marmolada”, verrebbe da dire considerando le 11 vittime della valanga del 3 luglio 2022. E le decine, forse centinaia di morti da quando la “Regina delle Dolomiti” è stata la più ambita dagli scalatori e dagli scialpinisti.

Ma Attilio Bressan, capo del Soccorso Alpino di Rocca Pietore, che tra il 1971 e il 2001 ha recuperato e portato a valle, spesso a spalla, più di 60 cadaveri, asserisce che «la Marmolada non è maledetta», come «non lo è nessuna montagna. Non è colpa sua – spiega – se fu insanguinata dalla prima guerra mondiale e prima e dopo è costata la vita di tante persone. Ma la responsabilità è sempre umana, anche se talvolta la fatalità gioca assai sporco».

Dunque, Filippo Zanin e Federico Favilli, precipitati dalla “don Chisciotte”, dove Bressan ha recuperato morti e feriti, sono solo le ultime vittime. E mercoledì per loro amici e parenti sono arrivati alla cella mortuaria. Ed è arrivato anche il cordoglio di Luca Zaia.

Una scia di morti

Altre ce ne sono state, in tempi recenti, perché hanno perso l’appiglio in parete, sono cadute in un crepaccio, sono state schiantate da un fulmine. Oppure travolte da quel seracco che si è staccato dalla parete a lato di Punta Rocca, due anni fa, in una giornata di temperature bollenti, e hanno perso la vita sotto il ghiaccio che si sbriciolava a valle.

La colata investì gli alpinisti a circa 300 chilometri orari e scivolando per circa 500 metri. Due anni prima, poco distante dal passaggio della valanga, un’altra si schiantò sul rifugio Pian dei Fiacconi, per fortuna in periodo di chiusura, e Guido Trevisan, il gestore, non ha più trovato la forza di ricostruirlo. È pur vero che dopo la tragedia del 2022, in quella parte del ghiacciaio è fatto divieto assoluto di insediamento; non si rifarà neppure la cestovia che saliva da passo Fedaia.

È del 17 ottobre dell’anno scorso l’ultima vittima, prima dei due trevigiani. Uno scialpinista, in questo caso. Un ceko di 40 anni, scivolato per circa 300 metri sul ghiacciaio. È stato ritrovato morto in fondo ad un crepaccio, a quota 2900 metri. L’uomo aveva terminato il tratto attrezzato della via Normale sotto punta Penia e stava cominciando la discesa sul ghiacciaio, quando appunto è scivolato. Non è escluso, come capita in situazione del genere, che avesse allentato la tensione.

Ma se capita un fulmine? Anche di questo si muore in Marmolada. È successo il 6 agosto 2017. Nonostante il fatto che i bollettini meteo avessero avvertito che era in arrivo un temporale un escursionista – Carlo Rocchi, 47 anni di Cervia – è salito insieme alla moglie lungo una ferrata verso la vetta ed è stato colpito da un fulmine morendo sul colpo. La moglie, e ferita lievemente, è sopravvissuta.

Il primo luglio 2018 un infarto ha invece catturato uno sportivo, Marco Cantù, 57 anni, mentre partecipava alla Marmolada Historic Trail, percorso lungo da 21 km che da Passo Fedaia al rifugio Padon attraversando i luoghi della Prima guerra mondiale.

Si può morire, appunto, anche lungo un semplice sentiero, come è capitato, il 7 settembre 2015 ad un turista ravennate di 76 anni che, sotto gli occhi del figlio, è precipitato per 200 metri mentre seguiva il sentiero che da Viel del Pan conduce a Passo Fedaia, ai piedi della Marmolada. L’incidente è avvenuto a quota 2.300 metri, a Coi de Paussa.

In precedenza, il 14 giugno dello stesso anno Mirco Querin, un 42enne di Oderzo, in provincia di Treviso mentre percorreva una via ferrata, sul confine tra le province di Trento e Belluno, è stato sorpreso da un temporale. Era in comitiva; ferito gravemente anche un alpinista 52enne di Ponte di Piave. Altre persone della cordata ferite.

Chi perde la vita con il parapendio

Ci sono degli appassionati che salgono a piedi fino ai 3343 metri di Punta Penia e da qui si lanciano col parapendio. Ma non sempre il volo ha un esito positivo. Il 20 settembre 2019 un 40enne altoatesino, Thomas Oberperfler, perdeva la vita con una vela a motore meno di 24 ore dopo un altro incidente con il parapendio è costato la vita ad un cittadino polacco di 46 anni, precipitava anche lui nella zona della Marmolada.

Ma sono i crepacci l’insidia più pericolosa del ghiacciaio. Il 23 giugno 2021 due escursionisti, con una comitiva di altre sei persone, tutte rumene che si trovavano sotto le roccette di Punta Penia sono scivolati sulla neve sino a finire su un ponte di neve che con il loro peso è ceduto. Il ragazzo è precipitato nel crepaccio per 20 metri, mentre la ragazza per oltre 30. Il ragazzo si è salvato, lei no.