Studiare è un lusso all’università dei signori
Fine estate significa tornare alla vita universitaria, e Università ora è sinonimo di crisi abitativa. A Padova siamo medaglia d’argento per rincaro dei prezzi. Cercare casa è un inferno. Anche con mesi di anticipo, tentare di trovare un appartamento, un posto letto, uno sgabuzzino, significa mandare compulsivamente messaggi e mail nella speranza, disattesa, di ricevere qualche risposta che non si riveli folle.
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Qualche esempio, come stessimo scorrendo una pagina di ricerca affitto: stanza singola in appartamento condiviso con altre cinque persone, euro 500 più condominiali e più spese. Posto letto in doppia, 350 a testa, ma la stanza è spaziosa quindi ci state anche in tre, in tal caso solo 300 a letto perché siamo buoni. Monolocale di 30 metri quadri, 850 euro al mese.
Cercare casa è un inferno perché già da soli 400-500 euro al mese è una spesa da capogiro per ogni famiglia nella media. Poi ci sono bollette, trasporti, spesa, libri. Nel giro di qualche anno studiare è arrivato a costare quasi il doppio, mentre i salari sono rimasti fermi, e di nuove residenze pubbliche ne vediamo a malapena l’ombra, grazie al completo disinteresse della già assessora all’Istruzione Donazzan e di una politica nazionale che fa orecchie da mercante.
Da quando con le tende ci siamo accampati in tutta Italia davanti agli atenei, ogni settembre si commenta la crisi abitativa. Continua ingenuamente a stupirmi, però, quanto sia complesso centrare il nocciolo della questione. Ancora sento blaterare di studenti viziati, sporchi, capricciosi, sfaticati, sperperatori di fondi pubblici – quali? verrebbe da chiedersi. Io stessa mi sono sentita dire al telefono, da un’agenzia, che era colpa mia se non trovavo casa, se non avevo almeno 400 euro per una stanza. Che non dovevo lamentarmi, perché ho scelto io di studiare, mica mi hanno obbligata.
Se non puoi pagarti un affitto vai a lavorare, decreterà qualcuno seduto al tavolino di un bar dove uno studente gli ha appena servito il caffè, aperto davanti al lui un articolo sull’ennesima denuncia di lavoro nero nella ristorazione. Studiare non dovrebbe significare solo iscriversi, dare esami e andarsene il più velocemente possibile, ma riempirsi di esperienze e relazioni, far germogliare le nozioni tramite il confronto.
Spaventa realizzare che per farlo servono tempo e soldi, e che dunque sia un lusso; ancor di più spaventa che li consideriamo capricci. Puoi ambire all’esperienza universitaria se puoi permettertelo, altrimenti ringrazia di riuscire ad iscriverti: rieccola, l’Università dei Signori. In queste settimane mi sono chiesta spesso perché si pretende dagli studenti di vivere in periferia, di ridursi al pendolarismo estremo, o di lavorare a ogni condizione, e perché non ci si riesce invece a indignare per i tagli all’istruzione.
Perché, mi domando, sembra eresia mettere in discussione la possibilità degli affittuari di fare cartello, ma è invece ok rassegnarci all’idea di rimanere tra gli ultimi in Europa per numero di laureati? Colpevolizzare il singolo significa ignorare le responsabilità politiche della crisi abitativa, dare per scontato che un’alternativa non esista. Noi questa conclusione non possiamo permettercela.
*Presidente del Consiglio degli Studenti