Sarah Fahr, un anno di successi: dai trionfi con l'Imoco all'oro di Parigi
La campionessa olimpica e centrale dell’Imoco Sarah Fahr di ritorno da Parigi racconta la sua estate.
Sarah Fahr, l’estate ha consacrato lei e l’Italia di Velasco come nazionale migliore al mondo tra Parigi e Nations League: cosa prova a ripartire a pieno regime con l’Imoco per la nuova stagione?
«Sono molto carica e molto positiva, prima del primo allenamento di venerdì avevo le farfalle nello stomaco perché avevo tanta voglia di tornare in palestra e conoscere le ragazze nuove».
Oltre alle quattro competizioni già conquistate siete chiamate a gridare il vostro nome anche al Mondiale per club, qual è il segreto per recitare la voce grossa ovunque?
«Ci giocheremo 5 trofei, il modo migliore per vincere ancora lo si trova creando un’alchimia vincente nel gruppo. A livello personale voglio godermi questa stagione e divertirmi insieme alle nuove compagne. Quando mettiamo la maglia di Conegliano ci rendiamo conto di avere ancora una storia da scrivere insieme».
Il gruppo rinnovato le dà una dose extra di tensione positiva per questa nuova stagione?
«Certamente, a Conegliano succede spesso. I roster sono sempre incredibili, la società, con Pietro Maschio in primis, è sempre stata brava a scegliere le persone giuste per creare gli incastri perfetti. Dal mio punto di vista il gruppo resta sempre il nostro punto di forza, ci uniamo senza fatica mettendo d’accordo le varie personalità. Dal punto di vista tecnico ci troviamo benissimo».
D’altronde tutte proveranno a detronizzarvi tra Italia ed Europa, non potete certo abbassare la guardia se volete ripetervi.
«Esattamente, a Conegliano è sempre così. Abbiamo vinto tutto quello che si poteva vincere, è normale che le altre squadre provino a raggiungere il nostro livello e a spodestarci. Conviviamo con questa pressione, ma è una bella sensazione. Si tratta sempre di dover dimostrare di essere i numeri uno, è una grande responsabilità verso che ci supporta e circonda, ma è il meglio del nostro lavoro».
Facciamo un passo indietro, ci racconta l’avvicinamento alla finale e la conquista dell’oro contro gli Usa? Che emozioni ha provato?
«Dopo la semifinale ero incredula, avevamo vinto una medaglia olimpica e avevamo già scritto la storia. Nelle notti prima della finale ho fatto fatica a chiudere occhio, dovevo tenere a bada un sacco di emozioni, mancava l’ultimo atto e serviva rimanere lucidi».
E in finale, invece, che aria si respirava nel gruppo?
«Durante la finale è prevalsa la concentrazione palla per palla, non ci siamo perse in distrazioni varie. Palla dopo palla, punto dopo punto, siamo rimaste noi stesse anche quando si alzava la temperatura della partita. Solo all’ultimo punto abbiamo mollato la presa, quando l’oro era già nostro».
Vincete 3-0, scoppia la gioia in campo. Cosa significa toccare il cielo con un dito e fare la storia?
«Quando siamo salite sul palco ci è esplosa tutta la gioia dentro, la consegna della medaglia e l’inno cantato insieme è stato da brividi».
Eppure solo 12 mesi fa si presentava al raduno con l’Imoco al Palaverde al primo giorno dopo la rinuncia all’Europeo per evitare un sovraccarico al ginocchio che l’ha fatta dannare. Ha mai pensato a tutte le fatiche degli anni precedenti tra infortuni, paure e incertezze?
«Sì, proprio sul palco. Lì chiudendo gli occhi mi sono passati davanti tutti i momenti che ho vissuto durante la mia carriera, tra Conegliano e gli infortuni. Momenti belli e momenti brutti, luce e buio. Ho visto tutta la fatica e il sacrificio che ho fatto insieme al nostro gruppo per arrivare all’oro».
Deve ancora compiere 23 anni. Gioca nel club più forte del mondo con cui ha vinto tutto da protagonista, con la nazionale si è consacrata come se gli infortuni non avessero mai bussato alla porta. Cosa cambia nella sua testa dopo questo ennesimo e storico successo?
«Nulla, la medaglia cambia più a voi che a me. Io resto la stessa, sono sempre la Sarah che ha voglia di lavorare e divertirsi con le compagne, questo è fondamentale e non mi è passato, anzi».
Andiamo dietro le quinte del gruppo azzurro: avevate un rito scaramantico, una tormentone o un pensiero fisso particolare durante la vostra estate?
«Nulla di strano, se non il nostro mantra: “qui ed ora”. Il focus della nostra estate era quello: pensare punto per punto, momento per momento e partita per partita. Questa filosofia ci ha permesso di rimanere tranquille e goderci di più l’esperienza, le Olimpiadi sono il torneo dei tornei e c’è sempre tanta pressione attorno, anche se provi ad esorcizzarla».
Neanche per un secondo, dunque, ha avuto le vertigini guardandosi in basso?
«Bisogna normalizzare le paure e le pressioni. Abbiamo vissuto meno lo spirito olimpico dato che risiedevano fuori dal villaggio, però eravamo più che serene e lo abbiamo dimostrato».
Tra le varie celebrazioni del post-vittoria ha ricevuto l'abbraccio del suo paese natale, Piombino. Ha percepito il calore della sua gente?
«Mi sono ritrovata in una bella festa organizzata per me, mancavo da casa da tanti anni, sono sempre a Conegliano e torno poco. Ogni due passi che facevo qualcuno si congratulava con me, mi ha fatto piacere rivedere persone che hanno fatto parte della mia crescita».
Neanche una lacrimuccia tra Parigi e festa a casa?
«Solo a Piombino mi sono davvero lasciata andare. Sul palco ho versato una lacrimuccia dall’emozione per la prima volta, solo lì ho realizzato in parte quello che stavo vivendo, è stato un momento toccante».