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Сентябрь
2024

Immondizie, scritte e discariche abusive: il triste destino degli ex valichi minori sul Carso triestino

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TRIESTE. Sono lontani, lontanissimi i tempi in cui serviva il “lasciapassare” per superare la frontiera. In punti dove i controlli erano obbligatori, per uomini e merci. Tanto che il personale era numeroso, diviso in diversi edifici, quelli preposti per il controllo dei documenti, ma anche uffici, magazzini, rimesse, dogane e caserme.

Ora sui valichi dell’altipiano tanti immobili sono ormai abbandonati. Non servono più. Dismessi, dimenticati, caduti nell’oblio. In alcuni casi ridotti a ruderi, in altri in attesa di un recupero, messi in vendita spesso dal Demanio e alle volte assegnati in tempi recenti. Intanto cadono a pezzi, svuotati e vandalizzati, per anni testimoni dei passaggi da un Paese all’altro, che hanno segnato la storia di Trieste e del suo territorio.

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A Gropada, alla fine di una strada asfaltata, si trova il piccolo valico agricolo della zona, due minuscoli edifici malconci, pieni di spazzatura, dove è ancora presente un grande lampione arrugginito e dove tutti gli infissi sono stati distrutti. Porte e finestre forse sono state rubate chissà quando, visto che non si notano nemmeno nei dintorni. All’interno si trovano calcinacci smaltiti abusivamente, contenitori di cibo, abiti e altre immondizie. C’è anche qualche scritta sui muri, le più vecchie risalgono agli anni ’90. La stradina poi diventa sterrata, per continuare in mezzo al verde, verso la Slovenia. Davanti al valico si trova l’ex caserma dei Carabinieri di Gropada. Di recente è stata acquistata da un privato anche se i lavori devono ancora partire. Anni fa era salita alla ribalta prima per un incendio doloso che l’aveva colpita, poi perché al suo interno era stato rinvenuto un archivio dimenticato dell’Area Science Park: documenti, piantine e progetti degli anni ’80 e ’90. Poi recuperati. Accanto resta anche un piccolo manufatto semi crollato.

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A Monrupino ecco un altro scenario di devastazione. Prima appare l’ex caserma dei Carabinieri, come le altre chiusa attorno agli anni ’90, immersa in una fitta vegetazione e da tanti anni lasciata aperta, meta di incursori che hanno depredato tutto. Anche i termosifoni e i sanitari. E che hanno lasciato scritte e disegni ovunque. Ci sono segni di crolli e cedimenti del tetto e pezzi di scuri finiti tra l’erba. In alcuni punti la pioggia che entra durante le giornate di maltempo, insieme all’umidità, ha determinato il sollevamento del pavimento in legno di parecchi centimetri.

Proseguendo lungo la carreggiata appare il piccolo posto di blocco sempre a Monrupino, di una manciata di metri quadrati, anche in questo caso utilizzato come una discarica. Sulla soglia è stato scaricato un wc blu, subito dopo anche uno scaldabagno, e poi stendini per la biancheria arrugginiti e altri scarti. Probabilmente è servito anche come bivacco di fortuna. Qui gli infissi ci sono ma i vetri sono stati frantumati. Divelta la porta di accesso che è stata lanciata dentro. Restano alcune tapparelle, cadute dentro e fuori. Le auto passano e quasi non si accorgono dei due edifici, ma ci sono anche tanti ciclisti che pedalano sull’ex confine, e che spesso si fermano stupiti a osservare gli scenari desolanti.

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Il viaggio tra i valichi fantasma continua con San Pelagio. Qui la situazione è ben diversa e accanto al cartello che ricorda l’inizio del territorio italiano, due piccoli fabbricati sono in discrete condizioni. Le dimensioni come sempre sono ridottissime, ma ingressi e finestre sono ben conservate e chiuse. Sembra siano state sistemate da non molto tempo. Dentro tutto è stato svuotato. Poco più avanti un cippo segna come ci si trovi in “Provincia di Trieste”. Da quel punto parte anche un sentierino, forse un passaggio che conduceva a un parcheggio poco distante, dove ormai nessun mezzo si ferma più. Prima di raggiungere l’ex confine con la Slovenia anche qui si trova l’immancabile caserma dei Carabinieri. Per fortuna in questo caso il cancello è chiuso con un catenaccio e non sembra sia stato violato. Pessime invece le condizioni di due immobili vicini, uno ospitava le scuderie e un altro era un magazzino o un garage.

Avvolti nel verde e decadenti. Baluardi di epoche ormai andate anche la caserma di Pesek, località che, verso il confine, mostra anche alcuni edifici ormai in disuso. Accade anche per le caserme di Basovizza, ancora da recuperare, e poi quella di Fernetti, pure in questo caso a pochi metri dal confine dove, nella parte italiana, resta anche un ampio immobile che fa quasi da spartitraffico tra la viabilità in uscita e quella in entrata.

E poi ci sono tutte le altre postazioni confinarie non solo sull’altipiano. Le tante a San Dorligo della Valle, a Muggia e in altre aree del Friuli Venezia Giulia, come nelle zone montane. Sui social la gente si sbizzarrisce da tempo con ipotesi di riutilizzo, ma tutti concordano su un aspetto. Se valichi e caserme fossero stati immessi sul mercato subito dopo la chiusura, lo scenario attuale sarebbe ben diverso.