Libero Grassi 33 anni dopo: il sacrificio di un uomo che seppe dire no alla mafia e ne pagò il prezzo
C’è gente come Libero Grassi che, avrebbe scritto Leonardo Sciascia (uno di quelli che sapeva distinguere tra persone oneste e antimafiosi di convenienza) era nata, “parlando, parlando, morir”. A questi combattenti il grandissimo scrittore di Racalbuto contrapponeva i, “tacendo, tacendo, campar”. 33 anni fa veniva ucciso a Palermo l’imprenditore che pagò amaramente il suo rifiuto di pagare il pizzo a Cosa Nostra. Un altro degli “eroi borghesi” italiani.
Libero Grassi: nomen omen
Nato nel 1924 a Catania ma trasferitosi da bambino a Palermo, figlio di una famiglia di antifascisti, Libero volle continuare l’impegno da commerciante del padre.
Nel 1956 sposa Giuseppina Maisano da cui avrà due figli: Davide e Alice. Nel 1961 inizia a scrivere articoli politici per vari giornali e successivamente si dà anche alla politica attiva con il PRI, per il quale viene nominato, nella seconda metà degli anni sessanta, suo rappresentante in seno al consiglio di amministrazione dell’azienda municipalizzata del gas(si dimette nel giugno 1969), e candidato alle provinciali nel 1972 senza essere eletto.
Prende parte alle campagne sul referendum per il divorzio e per l’interruzione di gravidanza e si schierò contro la criminalità organizzata che a Palermo in quegli anni riesce rapidamente a occupare posti di potere politico ed economico. Negli stessi anni fonda la Sigma, azienda di famiglia che produce pigiami maschili e che fino al 1991 arriverà a occupare un centinaio di dipendenti con clienti in Italia e all’estero.
Le minacce di Cosa Nostra
Tra la fine degli anni ottanta e il 1990 viene preso di mira da Cosa Nostra, che pretende il pagamento del pizzo: riceve strane telefonate da un fantomatico “geometra Anzalone” che chiede offerte “per i picciotti chiusi all’Ucciardone”. Libero Grassi ha il coraggio di opporsi alle richieste di racket della mafia e di uscire allo scoperto, con grande esposizione mediatica. Nel gennaio 1991 il Giornale di Sicilia aveva pubblicato una sua lettera in cui diceva: “Io non sono pazzo: non mi piace pagare. È una rinuncia alla mia dignità di imprenditore”. Parole che purtroppo gli costeranno care.
L’omicidio
Il 29 agosto del 1991, alle sette e mezzo di mattina, venne ucciso a Palermo con quattro colpi di pistola mentre si recava a piedi al lavoro.
Ai funerali partecipa una grande folla, compreso il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Il figlio Davide sorprende tutti alzando le dita in segno di vittoria mentre porta la bara del padre. Non mancano le polemiche, tra chi sostiene fin dall’inizio la battaglia dell’imprenditore, come i Verdi e il Centro Peppino Impastato, e chi non ha preso le sue difese, come Assindustria, che lo aveva accusato, “di volersi fare pubblicità”.
Qualche mese dopo la morte di Grassi, è varato il decreto che porta alla legge anti-racket 172, con l’istituzione di un fondo di solidarietà per le vittime di estorsione.
Il processo agli esecutori
Nell’ottobre del 1991 viene arrestato il killer Salvatore Madonia, detto Salvino, come esecutore di un omicidio che fu effettuato, “per dare una lezione a chi non voleva pagare”. Madonia è stato condannato in via definitiva all’ergastolo, che sta scontando al 41-bis, e con lui l’intera Cupola di Cosa Nostra, accusata di aver ordinato l’omicidio. (nella foto una foto di scena del film “A testa alta – Libero Grassi”)
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