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Август
2024

Pavone, «Fu una giustizia fai da te» Il tabaccaio sparò ed uccise il ladro

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PAVONE CANAVESE

Franco Iachi Bonvin, tabaccaio di Pavone si era pentito pubblicamente: «Quella fu una notte maledetta. Il ricordo mi tormenta quotidianamente. Potessi tornare indietro non premerei più il grilletto».

Lo disse pochi minuti dopo la condanna di primo grado, ne l maggio scorso. Cinque anni di reclusione, avvalendosi del rito abbreviato. Lunedì 26 sono state depositate le motivazioni di quella sentenza. E sono pesantissime. Un macigno. «Il commerciante non sparò per legittima difesa» ma «facendosi sostanzialmente giustizia da solo» scrive la giudice di Ivrea Valeria Rey.

La notte maledetta è quella del 7 giugno 2019. Franco Iachi Bonvin sparò ed uccise con un colpo della sua Taurus calibro 357, Ion Stavila, giovane moldavo che, insieme a due complici, stava caricando sul furgone una macchinetta cambiamonete contenente poco meno di 3 mila euro, sradicata dal mura dell’attività commerciale del tabaccaio (all'epoca gestito da un'altra persona).

La ricostruzione è precisa, meticolosa, certosina. Si addentra in ogni aspetto. Tecnico, temporale, balistico, sanitario. Compresi quelli psicologici.

Iachi Bonvin viene descritto come «gravemente turbato, frustrato e in stato d'ira perché lo stabile di sua proprietà era nuovamente oggetto di effrazione». Tutti elementi confermati da prove oggettive. Ma poi la giudice sottolinea anche come «aveva deciso di opporsi ai malviventi con l'arma da lui lecitamente detenuta».

Leggendo le oltre 50 pagine fitte fitte e corredate di immagini (alcune agghiaccianti ma fondamentali per capire la natura delle motivazioni stesse) emerge come la Procura di Ivrea abbia fatto un lavoro eccellente, anche dal punto di vista investigativo.

A partire dalla tesi regina. Quella che inchioderebbe il tabaccaio alle sue responsabilità. Lo sparo avvenuto dall'alto verso il basso e non durante un faccia a faccia nell’oscurità tra il ladro, armato con una spranga di ferro, e Iachi Bonvin. Tesi fortemente sostenuta dalla difesa. Il colpo mortale fu esploso dal balcone del salotto, come ricostruito dai consulenti della pubblica accusa (Roberto Testi per la consulenza medico-legale e Stefano Conti per quella balistica).

«Iachi Bonvin ha sparato dal balcone del suo soggiorno a dei ladri presenti in cortile - si legge - la sua reazione non era necessaria e non era diretta a salvaguardare la propria o altrui incolumità. Nessuno infatti aveva minacciato né lui né i suoi familiari». Ma non solo «la sua reazione, inoltre, non era necessaria, perché le forze dell'ordine erano state informate dell'intrusione (era scattato l'antifurto) e se l'imputato si fosse limitato a non fare nulla, nessuno avrebbe recato nocumento a lui, alla sua famiglia e alle sue proprietà. Sarebbe stato commesso un furto in un immobile gestito da terzi, fatto che merita la massima disapprovazione, ma in relazione alla quale la condotta dell'imputato non era adeguata, perché vi erano altri strumenti, già attivati, meno dirompenti, per contrastare il furto».

Come detto, la ricostruzione è stata meticolosa: «Iachi Bonvin, sparando al buio, non essendovi illuminazione, senza occhiali, ed esplodendo più colpi (3 o 5) almeno uno dei quali diretto verso il basso, così accettando il rischio di poter colpire mortalmente i malviventi – ciò che infatti avveniva».

Pochi giorni dopo la sparatoria una folla prese parte ad una fiaccolata di solidarietà al tabaccaio alimentata anche dalle parole di fuoco di alcuni politici, Matteo Salvini su tutti che lanciò anche l’hastag “Iostocoltabaccaio”.

L’ntera vicenda avrebbe potuto, processualmente, imboccare una via diversa se fossero stati chiamati a testimoniare i due complici di Jon Stavila. Ma l’uno non era imputabile per via della riforma Cartabia. L’altro mai identificato. L’imputazione iniziale per Iachi Bonvin era eccesso colposo di legittima difesa, poi la riformulazione del reato in omicidio volontario.

I suoi legali Mauro Ronco e Sara Rore Lazzaro, non commentano, ma annunciano già il ricorso in Appello mentre il procuratore capo di Ivrea, dottoressa Gabriella Viglione afferma: «La sentenza ricostruisce dettagliatamente tutti gli elementi emersi nel procedimento e ne fa una corretta sintesi. Nulla da dire, valida la ricostruzione dei fatti».