Fondazione Dolomiti Unesco: «Il riconoscimento non si tocca. Siamo per un turismo lento e distribuito»
Amara sorpresa, alla Fondazione Dolomiti Unesco, per le richieste arrivate al Club alpino nazionale di adoperarsi per far spegnere la protezione Unesco sulle Dolomiti. Sarebbe la fonte dell’overtourism, specie dall’estero, secondo questi falsi allarmismi. Antonio Montani, presidente del Cai, ha già dato l’alt a queste “provocazioni”. Certo, la malevola interpretazione sta interrogando anche i vertici della Fondazione Dolomiti Unesco, con presidente Stefano Zannier, friulano, vice Roberto Padrin, direttrice Mara Nemela.
[[ge:gnn:corrierealpi:14581651]]
La prima reazione? «Noi fonte del crescente afflusso? È esattamente l’opposto», è la reazione dalla sede di Cortina. «Stiamo attenti a non confondere ambiti diversi: un conto è la gestione dei flussi, altro conto è la promozione e la comunicazione dei valori di un bene Unesco», quasi ammonisce Padrin. E non solo nella sua veste di presidente della Fondazione ma anche di presidente della Provincia. «Con stupore» dice di aver letto l’ipotesi avanzata da qualche parte di escludere le Dolomiti dalla Lista del Patrimonio Mondiale al fine di ridurre o cancellare il fenomeno degli eccessi di flussi turistici.
[[ge:gnn:corrierealpi:14584298]]
«L’iscrizione delle Dolomiti nella Lista del Patrimonio Mondiale è un impegno assunto dalle comunità; farne a meno rappresenterebbe quindi un paradosso e vorrebbe dire deresponsabilizzarle, anche rispetto al problema dell’overtourism che caratterizza alcune – e sottolineo alcune – aree. Un problema che è noto e sul quale la Fondazione Dolomiti Unesco sta da tempo lavorando. È un dato positivo, dunque, che il presidente generale del Cai Antonio Montani non consideri affatto l’eventuale rinuncia al riconoscimento come una possibile soluzione. La disponibilità a proseguire nella collaborazione sui tanti tavoli già aperti con l’associazionismo è totale, così come quella ad aprirne di nuovi. Il fatto però che l’ipotesi da qualche parte sia stata avanzata, come segnalato dallo stesso presidente del Cai Montani nell’intervista pubblicata dal Corriere delle Alpi, rende necessarie alcune considerazioni».
«Prima di tutto», sottolinea Padrin, «dobbiamo metterci d’accordo su cosa significa overtourism. Perché un conto è parlare di eccessi indiscriminati di afflussi, che mettono a rischio l’intero ecosistema fragile delle Dolomiti, altro conto è analizzare attentamente e scientificamente quelle aree – limitate geograficamente e anche nei periodi di frequentazione – in cui si verificano eccessi di carico antropico. Aree peraltro che “soffrivano” di qualche forma di overtourism anche prima del riconoscimento Unesco. Ciò significa che ad alimentare l’overtourism sono dinamiche che vanno ben oltre il “logo” Unesco, che implicano il valore scenografico delle location dolomitiche e che oggi sono amplificate da un certo tipo di comunicazione social, con la conseguenza di alimentare una frequentazione spesso non consapevole dei luoghi».
Il vice presidente della Fondazione sottolinea poi i valori del riconoscimento, e quindi i compiti e le funzioni della Fondazione stessa: «L’attrazione generata dalle Dolomiti è legata al valore del territorio, all’impulso della promozione turistica, al desiderio crescente dei visitatori di vivere un’esperienza a contatto con la natura. Il riconoscimento Unesco non è un “marchio” e rinunciare agli impegni di salvaguardia e tutela che implica, non risolverebbe, ma addirittura aggraverebbe il problema. Le Dolomiti sono un contesto ambientale fragile, complesso e assai diversificato: se per alcune aree poco conosciute la crescita dei visitatori rappresenta un fattore positivo dal punto di vista socio-economico, esistono aree che in alcuni periodi dell’anno superano livelli accettabili di pressione antropica, con il conseguente danno ambientale (impatto sull’ecosistema), sociale (relazione tra turisti e residenti) e, potenzialmente, economico (riduzione della qualità dell’esperienza turistica e della disponibilità al ritorno dei turisti insoddisfatti). La Fondazione Dolomiti Unesco non si occupa di promozione turistica ed è impegnata nel monitoraggio dei flussi in alcuni hotspot e nel favorire la conoscenza del fenomeno dell’overtourism. Un fenomeno complesso, che richiede di agire su più fronti: quello delle limitazioni, certo; ma anche e soprattutto quello della promozione di un turismo diverso, più lento, consapevole e distribuito sul territorio, così da far conoscere e apprezzare le diverse aree e i diversi sistemi del Bene».
«La Fondazione», prosegue, «sta lavorando, in collaborazione con i territori, su vari progetti come ad esempio il Dolomites World Heritage Geotrail e ha sviluppato da anni una comunicazione incentrata sui valori paesaggistici e geologici, sulla tutela, la consapevolezza, la prudenza e il rispetto che devono caratterizzare l’esperienza dei frequentatori delle Dolomiti, oltre a campagne specifiche con tanti soggetti attivi nel territorio, in particolare con i gestori di rifugio dell’area core (come #vivereinrifugio e la trasmissione “Noi Dolomiti”). Con il coordinamento della Provincia di Belluno, sta inoltre operando il tavolo sulla comunicazione, il cui obiettivo è sollecitare tutti gli operatori a comunicare in modo consapevole e responsabile, per indurre i visitatori a vivere la montagna in modo coerente con i principi e i valori del riconoscimento stesso». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA