L’inchiesta su Telegram riguarda anche la pirateria?
Il fatto che la pirateria audiovisiva scorra libera nei pascoli erbosi di Telegram è il classico segreto di Pulcinella. L’app di messaggistica istantanea, infatti, è piena di canali e gruppi in cui gli utenti si scambiano link per vedere (per esempio) le partite di calcio senza pagare l’abbonamento alle pay tv e alle piattaforme OTT. Tutto ciò, però, non sembra rientrare all’interno dei capi di imputazione che fanno parte di un’inchiesta “contro ignoti” avviata a luglio dalla Procura francese e che nei giorni scorsi ha portato all’arresto del fondatore e amministratore delegato dell’azienda che cura e sviluppa la piattaforma Pavel Durov.
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Ma perché nelle ultime ore si è giunti a questa correlazione che – almeno per il momento, visto il solo scarno comunicato stampa del Tribunale giudiziario di Parigi – non sembra trovare alcun riscontro? Se è noto che l’app sia utilizzata per fini illegale come la pirateria su Telegram (oltre a potenziali reati ancor più gravi, anche a danno dei minori), è altrettanto vero che moltissimi Paesi stiano cercando di arginare la diffusione della visione fraudolenta di materiale audiovisivo coperto da copyright di trasmissione attraverso diverse soluzioni. In Italia, per esempio, c’è il tanto contestato (e sicuramente migliorabile, non nel fine ma negli aspetti pratici) Piracy Shield. La Spagna, invece, solo qualche mese fa ha disposto il blocco (temporaneo) proprio di Telegram per gli stessi motivi.
Pirateria su Telegram ha a che fare con l’arresto di Durov?
Ma nei 12 capi di imputazione al centro dell’inchiesta francese (ricordiamo che l’inchiesta è contro ignoti e gli addebiti non sono tutti rivolti contro Pavel Durov), non si parla mai (almeno direttamente) di pirateria audiovisiva. La maggior parte dei temi toccati riguarda la diffusione di materiale illegali (con ampi riferimenti alla pedopornografia e al revenge porn) e alla crittografia. Ci sono solamente alcuni riferimenti (generici) alla complicità – della piattaforma – nelle frodi organizzate. Un po’ poco per trovare una correlazione. E allora, perché si parla di tutto questo?
Contestualmente alla notizia dell’arresto di Pavel Durov a Parigi, il sito di RTL France ha riportato una notizia molto recente: venerdì 16 agosto, oltre 200mila utenti hanno visto l’esordio del Paris Saint-Germain (in trasferta contro il Le Havre, con i parigini che hanno trionfato con il punteggio di 1-4) attraverso streaming piratati diffusi su Telegram. A corredo di questa notizia – nell’ambito di un discorso molto più ampio sui diritti relativi alla trasmissione della Ligue 1 e altri sistemi illegali di diffusione di quei contenuti – è stata riportata la dichiarazione di Hervé Le Maire, a capo di LeakID (azienda che collabora con le emittenti televisive per individuare e segnalare trasmissioni illecite), che ha spiegato la scarsa collaborazione di Telegram nella lotta alla pirateria:
«Telegram ha un team che si occupa di gestire le richieste di cancellazione. Ma per le partite che durano 90 minuti, questo diventa totalmente inutile perché il limite di tempo è troppo lungo. È un problema di volontà. Tutte le trasmissioni illegali vengono notificate dal nostro fornitore di servizi antipirateria Athletia. Il problema è che i tempi di risposta di Telegram sono altalenanti (fino a 24 ore) e sono incompatibili con una rimozione tempestiva che agisce sui contenuti trasmessi in diretta».
Di fatto, dunque, la rimozione di contenuti illegali (come link per accedere alla visione illegale di contenuti vincolati da diritti di trasmissione, diventa impossibile. E non solo:
«Quando si invia una notifica a Telegram, la piattaforma non chiude immediatamente il collegamento, ma avvisa il proprietario del canale (oggetto della notifica, ndr). Tutto ciò consente loro di avere il tempo per duplicare lo streaming su altri indirizzi».
Queste dinamiche, dunque, rientrano all’interno delle accuse di assenza di collaborazione – da parte della piattaforma – con le autorità. Ma, occorre ribadirlo, all’interno dei 12 capi di imputazione che fanno parte di un’inchiesta “contro ignoti” iniziata lo scorso 8 luglio, non vi è traccia della pirateria su Telegram.
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