Cosa significa l’arresto di Pavel Durov in Francia per la geopolitica dei social network
Un atterraggio che – dall’esterno – potrebbe apparire inspiegabile. Pavel Durov, fondatore di Telegram, era appena stato in Azerbaijan (proprio nello stesso periodo in cui nel Paese era presente anche il presidente russo Vladimir Putin) e il suo jet privato, senza alcun motivo apparente, si è ritrovato – nella serata di sabato 24 agosto – sulla pista d’atterraggio dell’aeroporto Le Bourget, uno tra gli scali che serve la capitale Parigi. Visto che Durov è residente a Dubai e che, viste le polemiche occidentali su Telegram, è sempre stato molto attento a evitare accuratamente i Paesi dell’Unione Europea e gli Stati Uniti, la mossa ha lasciato perplessi. Quando le autorità francesi hanno capito che su quel jet privato c’era proprio Pavel Durov, hanno prima effettuato una perquisizione con regolare mandato e poi hanno arrestato il titolare del velivolo. L’arresto di Pavel Durov, infatti, è stato motivato nell’ambito di un’inchiesta – condotta dalla procura parigina – legata a diversi reati (come il terrorismo internazionale, la pedopornografia, il traffico di droga, la violenza online) che si commettono su Telegram. Dal momento che il board dell’app di messaggistica si è sempre rifiutato di prestare assistenza alle autorità che hanno indagato su questi reati perpetrati attraverso la piattaforma, allora il presunto favoreggiamento è diventato oggetto del contendere. E da qui deriva l’arresto di Pavel Durov.
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Arresto di Pavel Durov, cosa significa questa mossa per Telegram
Dunque, a dispetto del dibattito che si è venuto a creare in questo week-end, l’arresto di Pavel Durov non c’entra con il limite alla libertà d’espressione che sarebbe garantita su Telegram, in virtù della sua tecnologia di crittografia particolarmente blindata. Il problema è di natura legale: se su una piattaforma terze persone commettono reati e se questa piattaforma non collabora per l’identificazione e l’individuazione di queste terze persone, allora si viene a creare una sorta di connivenza. È questo il principio seguito dalle autorità francesi ed è anche questo che – più volte (anche in passato) – le istituzioni italiane hanno evidenziato ogni volta che qualche reato (ricordate i no-vax che, in gruppi Telegram, pubblicavano l’indirizzo e i contatti personali delle massime cariche dello Stato?) veniva commesso attraverso Telegram, dietro anonimato digitale.
Tuttavia, l’episodio è destinato a passare alla storia anche per altri motivi, probabilmente di natura geopolitica. Come abbiamo più volte analizzato su Giornalettismo, le grandi piattaforme digitali – oggi – giocano una sorta di ruolo diplomatico che, in passato, era appannaggio esclusivo degli Stati. Telegram, nonostante le ripetute dichiarazioni del suo board rispetto al fatto di non avere nulla a che fare con la Russia, è una piattaforma che lì ha un forte livello di operatività: è una delle poche app di social networking che non è stata bloccata (dall’inizio della guerra in Ucraina, Meta – con l’eccezione di WhatsApp – è stato bannato in Russia e, a proposito di app di messaggistica, stessa sorte è toccata anche a Signal), è uno dei servizi di comunicazione principalmente utilizzato non soltanto dall’esercito russo, ma anche dagli ideologi vicini a Putin.
I rapporti con la Russia e il DSA
Come vedremo in un altro passaggio del nostro monografico, si ha la sensazione che – in qualche modo – l’arresto di Durov sia stato una sorta di conseguenza del mancato incontro (o di un incontro segreto e non andato benissimo) con Putin in Azerbaijan. Qualcuno ha pensato che Durov stesse preferendo farsi arrestare in Francia, piuttosto che tornare in Russia. In passato, l’imprenditore digitale era stato costretto a vendere VKontakte (il social network russo che ha maggiori affinità con Facebook), soprattutto dopo che si era rifiutato di bloccare l’account di Navalny e di identificare alcuni oppositori russi dell’invasione della Crimea. Insomma, l’equilibrio politico – in questo momento – era abbastanza fragile per lui. Da un lato guidava un asset strategico per Mosca (si veda anche l’importanza di Telegram nel conflitto con l’Ucraina), dall’altro è sempre stato un po’ particolare nel direzionare i suoi rapporti con le autorità russe.
Nelle ultime ore, si è diffusa anche una falsa informazione, ovvero che Durov sarebbe stato arrestato in virtù delle norme europee sulla moderazione dei contenuti che sono presenti all’interno del Digital Services Act. In realtà, Telegram non rientra tra le piattaforme che devono sottostare alle regole dei VLOP (le very large platform, che hanno la possibilità di raggiungere oltre 45 milioni di utenti), né il DSA prevede l’arresto del board per “mancata moderazione”. Il problema è ben diverso.
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