Il nuovo giallo con Proteo Laurenti, il pensionato detective che indaga a Trieste
Farsi una bella nuotata appena svegli, nella caletta della propria villa in costiera, è un idillio che possono permettersi solo Proteo Laurenti e pochi altri, ma ancora per quanto? Nuvole s'addensano all'orizzonte del popolare Commissario nato dalla penna di Veit Heinichen, pluripremiato scrittore tedesco naturalizzato triestino. I suoi libri, ambientati nella nostra città, in cui la critica sociale s'unisce un'originale ironia un po' surreale, sono tradotti e letti in tutto il mondo.
In “Beifang”, l'ultimo giallo della serie iniziata nel 2003 con “I morti del Carso”, uscito in questi giorni in Germania per i tipi della Piper Verlag (pp. 300, euro 22) ritroviamo Laurenti che, obtorto collo, firma i documenti del suo pensionamento (l'edizione italiana è prevista in primavera per E/O con la traduzione di Monica Pesetti).
Prima d'abbandonare gli uffici di via del Teatro Romano, Proteo deve però risolvere un nuovo caso. D'altronde ha involontariamente pescato proprio lui il cadavere d'una giovane skipper durante una delle sue immersioni mattutine. In “Beifang” tutto ruota attorno alla fuga da Milano di un mercante di armi russo, a un attentato all'ominoso 'Sailing Yacht A', a loschi intrallazzi con investitori austriaci per la costruzione dell'Ovovia, a due sorelle gemelle, a una manciata di delinquenti serbi, e a vecchi conti da regolare con l'ottuagenaria eminenza grigia del crimine cittadino, che – come in un videogioco – pensa di poter disporre della vita e della morte dei suoi collaboratori.
Sullo sfondo di tutto campeggia il Malabar, teatro delle pagine più drammatiche di questo giallo decisamente avvincente. Abbiamo chiesto a Veit Heinichen di parlarcene.
“Beifang” è il 12° caso per il Commissario Proteo Laurenti, un numero magico?
«12 come le 12 Tribù di Israele, i 12 apostoli, le 12 ore del giorno, i 12 mesi dell'anno, i 12 segni dello Zodiaco, e pure “Quella sporca dozzina” di Robert Aldrich. Ma “Beifang” è anche il traguardo di un percorso che mi ha portato a scrivere la cronaca dei cambiamenti, più o meno palesi, avvenuti a Trieste in questi ultimi 25 anni e che hanno determinato lo sviluppo della città».
Ogni giorno i triestini hanno davanti agli occhi il lugubre memento del conflitto in Ucraina. Molti preferirebbero che il 'Sailing Yacht A' sparisse. Lei in questo romanzo ci ha provato...
«Per tanti il SYA è associato a capitali accumulati in modi inspiegabili e la sua immagine non corrisponde all'iconografia romantica del veliero, come la nave scuola Amerigo Vespucci, o ai vecchi cliché dello spirito del mare che caratterizzano ad esempio la Barcolana. Quell'imbarcazione trasmette un senso di freddezza, freddezza che sembra stia caratterizzando il nostro mondo».
Il Malabar è una presenza costante nei suoi libri, ma in “Beifang” assume il ruolo di vero protagonista. Cos'è per lei quel bar?
«Quel bar domina un posto strategico della città, non solo perché lì i gabbiani cagano sulla testa del povero Verdi, ma anche perché tutta la città passa per Piazza S. Giovanni, non c'è scelta. È un punto nodale. Lì si incontrano diversi ceti sociali, persone di tutte le provenienze, è come un porto di approdo e partenza».
Il commissario va in pensione col sogno d'una Trieste ripulita da speculatori e faccendieri. È qualcosa che solo in letteratura può accadere?
«Nella realtà gli speculatori seguitano a popolare la città. Pensiamo in particolare al mercato immobiliare, ma rispetto al passato abbiamo nuovi attori, spesso provenienti dall'estero, non solo austriaci e tedeschi. I cambiamenti avvengono in modo veloce, bisognerà seguitare a monitorarli».
Il romanzo lascia aperte tante domande sul futuro di Proteo. Seguiterà ad abitare in costiera? rivedrà la collega croata Živa? si stancherà a fare il pensionato? Sopporterà ancora la sua irrequieta famiglia?
«Poiché cerco sempre di lavorare sull'autenticità di dati e situazioni, devo avere rispetto per l'età del mio protagonista. Cosa farà dopo essere andato in pensione lo vedremo, ma è tutto in bilico, non c'è una risposta. Nel 5° romanzo della serie ho già cercato di ucciderlo, ma non ci sono riuscito. Non ti liberi mai delle creature che crei. Non volevo fare lo sbaglio di altri colleghi che dopo averli uccisi son poi stati costretti a far risorgere i loro detective. Proteo è arrivato a Trieste 30 anni fa, vuol, dire che, come me, ha vissuto un bel pezzo di storia della città, ma non credo che sia un tipo da gettare la spugna e limitarsi ad andare a pesca. E poi... chi lo sa?».