“Assistenza ad alunni disabili solo se ci sono i soldi”? I sindaci contro la sentenza: “Niente tagli. Ma ora gli educatori siano integrati dallo Stato”
Amarezza, sdegno, delusione, ma anche il desiderio di dire le cose come stanno: la spesa delle amministrazioni comunali per le ore di assistenza per l’autonomia dei ragazzi disabili è in continua crescita e i sindaci temono, prima o poi, di non poterla affrontare. “Gli educatori per questi studenti devono entrare a far parte del sistema d’istruzione”: è questa la voce dei sindaci dopo la decisione 7989 con cui la terza sezione del Consiglio di Stato ha deciso che “per esigenze finanziarie” i municipi possono tagliare le ore nonostante siano definite dal Pei, il Piano educativo individualizzato elaborato dal cosiddetto Glo – gruppo di lavoro operativo per l’inclusione – composto dal team dei docenti contitolari o dal consiglio di classe, dai genitori del bambino e dalle figure professionali specifiche, interne ed esterne alla scuola (comprese le assistenti sociali).
L’Anci, guidata dal presidente pro-tempore Roberto Pella (Forza Italia), così come l’assessore all’Istruzione di Milano Anna Scavuzzo (Pd) non si pronunciano ma la maggioranza dei Comuni interpellati da ilfattoquotidiano.it non fa un passo indietro: dal più piccolo della provincia di Palermo come Cinisi a Bologna passando per Carrara e Lodi, non c’è primo cittadino o assessore all’Istruzione che abbia tagliato le ore che, in genere, vanno a completare quelle di sostegno garantite dal ministero, scelta che invece è stata costretta a prendere un’amministrazione emiliana e contro la quale due genitori hanno fatto ricorso prima al Tar e poi al Consiglio di Stato. Per la maggior parte dei sindaci, insomma, i diritti dei disabili prima di tutto. “Una sentenza come questa non può che lasciarmi amareggiata perché va a colpire direttamente bambini e ragazzi che hanno bisogno semmai di maggiore attenzione e maggiori cure”, riassume bene il pensiero di tutti la sindaca di Carrara, Serena Arrighi.
Le parole dei giudici amministrativi sono state chiare: “Il Piano educativo individualizzato si limita a formulare motivate proposte e non già determinazioni conclusive. Conseguentemente, residua in capo all’amministrazione comunale un irriducibile margine di apprezzamento discrezionale da esercitarsi con prudente equilibrio a mente del rango fondamentale dei diritti sottesi alle misure di inclusione scolastica: le concrete modalità di conformazione della prestazione risentono, da un lato, del limite complessivo delle risorse disponibili e, dall’altro, delle specifiche modalità attuative nonché degli standard qualitativi previsti dal menzionato Accordo in sede di Conferenza unificata”.
Un’assurdità, quasi un’offesa per chi in questi anni fa di tutto per non abbassare l’asticella. Palermo ha i suoi problemi ma l’assessore all’Istruzione Aristide Tamajo della giunta di centrodestra guidata da Roberto Lagalla non ha dubbi: “Non abbiamo tagliato un solo minuto delle ore di assistenza per l’autonomia. Abbiamo investito sette milioni di euro e assicurato – spiega a ilfattoquotidiano.it – fin dal primo giorno di scuola l’assistenza prevista ai disabili. La sentenza del Csd tiene conto di un aspetto pratico ovvero quello delle risorse a disposizione ma qui si tratta di una scelta politica: le amministrazioni su questo tema devono fare l’impossibile sempre”. Non cambia la musica se si prende come riferimento un comune molto più piccolo del Sud come quello di Cinisi, dodici mila abitanti: “Diamo l’assistenza – dice la neo prima cittadina Vera Abbate – a circa una cinquantina di ragazzi. Per noi è una priorità”.
A Casoria, 73mila anime, in Campania, il sindaco Raffaele Bene capofila dell’Ambito Sociale della zona è preoccupato: “Nonostante il Comune sia in dissesto, usando fondi extra comunali e destinando soldi del nostro bilancio abbiamo sempre tentato di non tagliare alcuna ora su questo capitolo ma una delle conseguenze della diminuzione delle risorse è quella di correre il rischio di dover ridurre anche questi servizi”. Bene è convinto che queste figure debbano essere integrate all’interno del sistema scolastico e pagate dall’amministrazione centrale. Tra tutti c’è anche chi a Lodi ha iniziato, per far fronte alla spesa sempre più alta relativa alle ore di assistenza per l’autonomia, a cambiare l’impostazione culturale e organizzativa. A illustrarla è l’assessore all’Istruzione e vice sindaco Laura Tagliaferri: “Non abbiamo mai operato tagli ma va detto che la spesa è in crescita, se dovesse continuare con questo trend è impossibile continuare a sostenerla. Su 50 milioni di spesa corrente, un milione e mezzo è destinato solo all’area educativa. Per questo abbiamo iniziato a ottimizzare le risorse: nel nostro territorio anziché assegnare l’educatore ad ogni ragazzo lo affidiamo ai plessi. La logica dell’uno per uno non può più funzionare”.
Una scelta che sta mettendo in atto anche la città di Bologna dove l’assessore alla partita Daniele Ara sta lavorando con l’Università per coinvolgere anche le famiglie in un processo di cambiamento: “Va fatta una premessa: noi Comuni abbiamo l’obbligo dell’assistenza per i ragazzi disabili ma è altrettanto vero che questa spesa deve avere un tetto. In questi anni le certificazioni sono aumentate e c’è il rischio che vi sia un abuso incontrollato. È una situazione delicata che va monitorata. L’inclusione per Bologna è l’intervento principale: spendiamo sempre di più, 12 milioni all’anno; un milione e mezzo solo per l’estate coinvolgendo 600 bambini disabili che frequentano i centri estivi. Detto questo, l’assistenza per l’autonomia, non dev’essere pensata nel rapporto uno ad uno con l’educatore che è indispensabile nei casi più gravi; meglio ragionare sull’educatore di plesso che interviene a seconda del bisogno. In città abbiamo aperto una grande riflessione con i genitori su questo tema”.
A Carrara il Comune investe oltre un milione e 200mila euro ogni anno per affiancare nello studio gli studenti disabili: una cifra in continua crescita anche lì. Durante l’anno scolastico ogni singolo caso ha almeno dieci ore settimanali garantite, ma in casi di particolare gravità queste possono arrivare fino a quattordici. Lo stesso servizio è garantito anche durante i centri estivi comunali quando, per i casi più gravi, viene messo a disposizione un operatore per quaranta ore settimanali, vale a dire per tutta la frequenza. “Non abbiamo alcuna intenzione di operare dei tagli – dice la sindaca Serena Arrighi -. Per una realtà come la nostra si tratta sicuramente di una spesa importante, ma mai e poi mai la definirei un costo. Sono convinta che sia compito delle istituzioni fare tutto quanto nelle sue possibilità per aiutare le famiglie e per questo abbiamo deciso che la parte più importante del nostro bilancio sia sempre destinata a due voci prima di tutto: sociale e istruzione”.
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