Dopo l’incendio due mesi per i lavori, mamma con tre bambini resta fuori casa a Cannaregio
Ci vorranno almeno due mesi per la messa in sicurezza della palazzina in calle Racchetta, a Cannaregio, interessata da un incendio lo scorso 9 agosto e, nell’attesa, una famiglia è in mezzo alla strada.
Una donna sola, con tre figli minori, si sta barcamenando come può sui divani dei parenti, un figlio da una parte e uno dall’altra, tra le mille difficoltà.
«Siamo frammentati» si sfoga Giovanna Di Cataldo, «di recente è arrivata la stima che per terminare i lavori ci vorranno due mesi e noi non sappiamo come fare» prosegue.
La preoccupazione è anche legata alla ripresa della scuola, tra meno di un mese: come faranno se la figlia quattordicenne è a casa della nonna, il figlio sedicenne al Lido in una casa del papà e lei e il figlio più piccolo, di tre anni, da una zia?
«Questa situazione non va bene, soprattutto con dei figli adolescenti che non possono essere lasciati a loro stessi» aggiunge. Tra l’altro, qualche giorno fa il figlio Diego Comunello è stato premiato insieme all’amico Lorenzo Caiazza per aver salvato l’anziano dal rogo della sua abitazione.
«La Città di Venezia ha ritenuto opportuno sottolineare il gesto dei nostri due concittadini che, seppur molto giovani, hanno dimostrato grande maturità e generosità, compiendo un'azione civica di grande importanza, salvando una vita» ha sottolineato l’assessore Venturini «Essi rappresentano tutti quei giovani che dimostrano altruismo e che sono un esempio per i ragazzi della nostra comunità» ha proseguito.
Intanto, mentre i due ragazzi venivano premiati, Di Cataldo era allo sportello della coesione sociale dove le hanno detto che il servizio si occupa solitamente di situazioni più estreme, di indigenza vera e propria.
«Sono contenta che mio figlio sia stato premiato» prosegue la donna, «ma al tempo stesso è un paradosso, perché siamo lasciati a noi stessi e sembra che non ci sia una soluzione per la nostra situazione, non possiamo pesare per altri due mesi sulle spalle di amici e parenti e, soprattutto, la nostra famiglia deve essere riunita».
Subito dopo l’incendio, accaduto un venerdì sera, i vigili dicono alla madre che il lunedì l’avrebbero richiamata per aiutarla nel trovare una soluzione. Eppure, quella chiamata non arriva.
«Non volevo essere pressante, e soprattutto non mi sembrava il caso di fare chiamate su chiamate senza avere idea delle tempistiche dei lavori» spiega.
Dopo aver saputo che ci vorranno due mesi, tra sistemazione del tetto e sistemazione del quadro elettrico, Di Cataldo è stata presa dallo sconforto e scuote la testa amareggiata di fronte alla sensazione di abbandono da parte delle istituzioni.
«Possibile che una donna sola con tre figli minori non venga aiutata?» si chiede, spiegando che le soluzioni ipotizzate dalla coesione sociale erano due: il soggiorno per cinque giorni in hotel o l’assegnazione di una casa popolare, partecipando all’apposito bando, entrambe ipotesi non adatte alla loro situazione che è sì temporanea ma ben più lunga di una settimana.
«Cosa faremo? Dove andremo? Questa situazione non sta facendo bene a nessuno di noi» aggiunge, facendo fatica a immaginare le prossime settimane, l’arrivo di settembre, della prima campanella, di una routine che potrebbe non esserci.